tirsdag 13. november 2012

War flashes - Don't look

28 Dicembre 2510, Hera

-Don't look.
Soffia Roger Monroe, dopo che hanno trascinato Eir Sterling calciante via dal corpo di suo padre.
-FIGLIDIPUTTANA!
 Lei non è in sè. La furia ha trasceso le membra. Non sono lacrime, sono urla. Non è rabbia, è dolore. Quello finale. Quello che provi nel momento in cui lo specchio dell'infanzia si infrange e tu ci ti tagli le dita. Perchè puoi vedere Tom Haynes cadere sotto i colpi e stringere le mascelle, ma quando è tuo padre a crollare in ginocchio tenendosi il pube sanguinante, la gola aperta da una cartuccia di sledgehammer, e nello sguardo la fierezza di chi non cederà al male fisico nemmeno nell'ultimo istante, il mondo esplode.
-Don't look! Ringhia Monroe, piazzandole una mano sugli occhi e tirandola via, mentre il corpo freddo di Zachary Sterling viene trascinato a bordo, mentre la Oldma a motori caldi si prepara al decollo più rapido della storia. Roger la trascina fino in sala macchine, e ve la sbatte dentro. Chiude la porta a chiave. Non c'è tempo per pensarci. Si allontana, gli occhi implosi di lucido, respirando a fatica, barcollando, mentre le urla si mischiano ai pugni sul metallo, ai rimbombi disperati.


29 Dicembre 2510, Outer-Rim safe route 225-PRS-101

Roger Monroe apre la porta della sala macchina. Il paesaggio è stato trasformato. Un paio di deck sono rovesciati. Una porzione di griglie è stata scassata a calci, ed è un pericolo serio per la sicurezza della nave. Eir Sterling è accovacciata in un angolo, le spalle tremanti, un mignolo spezzato, i lati delle mani scorticati. Nella destra stringe una bottiglia quasi vuota di scotch. Il suo alito è appesantito dall'alcol, lo sguardo è vacuo. Roger le si avvicina, le si siede accanto.
-Non lascerò mai che ti succeda nulla.
Eir ascolta. Un angolo della sua bocca si solleva appena.
-Adesso?
-Continuiamo a combattere.
-Fucking hell.
Si passa le mani fra i ricci, prendendo un lungo respiro.
-Nay. Io scendo a Safeport. So long.
Roger si sporge e le leva la bottglia di mano. Eir sforza un sorriso patetico.
-Scendo lo stesso.
-Ne riparleremo quando sarai abbastanza decente da essere sobria e rispettare la presenza del corpo di tuo padre nella cabina accanto.
-Lui avrebbe fatto lo stesso. Don't look, right?
-L'uomo che abbiamo portato via da Hera non era tuo padre. Era un corpo macellato dall'Alleanza.
-E la differenza, ora…?
-Adrian l'ha ripulito. Devi dirgli addio.
-Dubito che mi senta.
-…per te.
-Fottiti. Vai via.
-Eir..
-VIA!
Gli urla in faccia, i tratti del viso deformati dalla sbronza, dal dolore. Roger si alza. La fissa. Tira la bottiglia a terra, con un gesto così furioso da stonare completamente con la disperazione pacata che porta negli occhi. Gira sui tacchi. Esce. Briciole di vetro.


29 Dicembre 2510, Outer-Rim safe route 225-PRS-101

Roger Monroe apre la porta lentamente. La vecchia cabina di Zachary Sterling è stata svuotata, al centro di essa solo la branda allestita a letto mortuario. Eir è in piedi, la schiena poggiata contro la parete metallica. Gli occhi verdi, bruciati dalla sbornia e dall'insonnia, sono fissi sul volto freddo di suo padre.
-Forse stiamo sbagliando tutto.
Mormora lei, dopo un lungo istante di silenzio.
-Forse ha ragione il generale Witterman. La resa è l'unica.
Incalza. Roger scuote il capo lentamente.
-Se ti sentisse ti spaccherebbe il culo.
-Ma non mi sente. E' morto. E' morto perchè dei figli di puttana avevano il culo troppo largo per farsi bastare un pianeta. Checcazzo. Vogliono la nostra merda?
Gli occhi frugano oltre la nebulosa che nasconde Safeport alla vista.
-Che se la prendano. Che se la prendano tutta, la nostra merda.
-Eir.
-Si.
-Non c'è tempo per.. Dovremo lasciarlo a Hunter.
-Le fosse.
-Aye.
Le dita di Eir subiscono un tremito più convulso. Si scolla dal muro, si avvicina al corpo di suo padre, si ferma su di lui. Ne carezza la fronte fredda, lentamente. Gli occhi chiusi gli conferiscono quella sobrietà calma e pacifica che non gli ha mai visto addosso da vivo. Si china a sfiorarne il volto con il proprio. Nell'orecchio sussurra, inudibile a Roger
-Rialzati.


Rialzati.

Rialzati.

Rialzati.

Rialzati. Rialzati. Rialzati.

Ciò che abbiamo fatto ha l'incredibile potere di non abbandonarci mai.


[ Le promesse hanno cinque dita per mano ed un cuore che batte così forte da annullare l'idea di realtà.]

onsdag 7. november 2012

Five fingers make a hand

[Safeport, dicembre 2507]

Thomas, Sally, Ernest, Chang, Yala. Dan.

"Figli di puttana!" sbraitò Rotten Sterling, il volto paonazzo, ubriaco come una scimmia, le mani che tremavano. "Non voi" precisò, guardando Eir e Leo. "Non voi" ansimò, esasperato. Uno, due, tre... "Figli di puttana!" scoppiò di nuovo, sbattendo il pugno sul tavolo della cambusa. "Tre giorni fermi. Tre dannati giorni fermi per una cazzo di batteria!".
Faticava a respirare, come se la rabbia gli avesse otturato le vie respiratorie. Afferrò lo scotch e buttò giù quattro sorsi solidi. "Niente, vaffanculo. Voliamo fino a Maracay, parlerò io con il generale Stanley."
L'Oldma aveva ritardato la partenza di tre giorni, per aspettare che la Chatwin & co. consegnasse gli MKI necessari ad affrontare il fuoco nemico. Necessari alla sopravvivenza, per arrivare fino a Blackrock e consegnare i missili al quarto plotone. La Chatwin non aveva fornito spiegazioni, nè scuse per il ritardo. Semplicemente, la consegna delle batterie laser non era avvenuta, e dopo il mancato incontro al porto c'era stato il silenzio. Eir, Leo, Roger e gli altri si erano sorbiti uno Zachary "Rotten" Sterling sbraitante e sverso per tre giorni. Avevano provato a mandare gente a chiedere, avevano provato a stabilire un contatto con l'officina di produzione. Senza risultati. Il piano che ora il capitano dell'Oldma stava prospettando ai suoi uomini era quello di volare fino a Richleaf inermi, per mendicare munizioni. Eir saltó giù dalla panca su cui era stata accucciata in un tentativo di schivare le urla e s'avvicinò al padre. Lo fissò in silenzio per un un lungo istante, quindi scosse il capo, con una fermezza che non tradiva i suoi anni.
"Nay", mormorò semplicemente. "Schiatteremmo ancora prima d'aver attraversato la Nebulosa. Scendo a Howenhill. Sento cosa succede."
Non gli lasciò il tempo di replicare. Sgusciò fuori dalla cambusa inseguita da una nuova dose di urla.

Howenhill era la porzione di baraccate che, fuori Sunset Tower, circondava le fonderie e le industrie di Chatwin & co. Del co. era rimasto poco, Eliah Chatwin era un grande, ricco, potente bastardo con i piedi infangati di 'Rim e le mani impastate nelle politiche del Core. Una bomba alleata, una fra le prime a cadere su Safeport, aveva, qualche mese prima, distrutto mezzo quartiere ed un quarto delle fonderie. Ci erano volute settimane per recuperare i pezzi di morti. Affondando nel fango misto a sangue fino ai talloni, Eir percorse l'intera strada dal porto, impiegandoci più di due ore. Quando arrivò vicino allo Stallion, il saloon degli operai, la notte aveva affondato le unghie nell'intera Sunset. Dal locale, insolitamente affollato, provenivano schiamazzi, grida, risate. Musica. Non sentiva musica da settimane, dalla morte di Alan Gatwick. Le spalle spigolose e sottili avvolte nel browncoat, si fece strada fra gli operai, cercando di capire cosa stesse succedendo. La risposta le si aprì davanti agli occhi, inizialmente inspiegabile. Sei operai, uomini e donne, erano seduti intorno ad un tavolo. Stavano stilando una lista, incitati dai compagni che li circondavano. Lo sguardo di Eir scivolò sui loro volti, sulle loro figure. Thomas, Sally, Ernest, Chang, Yala. Dan. Fino a scoprire con orrore il dettaglio rivelatore: a Thomas mancava il pollice, a Sally l'indice, ad Ernest il medio, a Chang l'anulare, a Yala il mignolo. A Dan mancava l'intera mano destra. Tutte le perdite di arti o pezzi d'arto erano recenti, fasciate ed insanguinate. La bocca socchiusa e gli occhi pieni di terrore, Eir non capiva. Non capiva proprio.

"E tu che vuoi?!" Chang alzò la voce, fissandola. Si vedeva lontano un miglio che non era una di loro. Puzzava di chiuso e di lattina volante.
"S.. Sono qui per conto del capitano Sterling. Sono... Sono tre giorni che aspettiamo una consegna di batterie." Riuscì a sputare, con voce roca ed occhi che non stavano offrendo una spiegazione, ma facendo domande.
"Aaah." Comprese Yala. "Non sanno niente. Spiegagli, Thom, spiegagli che è successo"
Thom sorrise, bieco. E spiegò. Dopo il bombardamento, la Chatwin aveva introdotto un nuovo macchinario per velocizzare la produzione di MKI. Laquale produzione era un lavoro di meccanica di precisione. Dan Rowley, ventun anni appena compiuti, nato e creschiuto ad Howenhill, era stato il primo a sperimentarla. E ci aveva perso la mano destra. Il capo reparto aveva ricevuto la notizia, valutato le opzioni, considerato la situazione e risolto il tutto buttandolo in mezzo alla strada. Le iniziali proteste degli altri operai del settore non erano servite a nulla. Era stato così che, uno dopo l'altro, Thomas, Sally, Ernest, Chang, e Yala si erano presentati davanti al capo, un'accetta alla mano. Davanti ai suoi occhi, uno dopo l'altro, s'erano mozzati a vicenda ognuno un dito diverso, fino a lasciare a terra il corrispettivo di quanto perso da Dan. Negli occhi, la furia della disperazione, il mostro nero della guerra appostato sulla coscienza, la rabbia contro un'ombra ancora più grande e spaventosa: l'Alleanza. Dietro a loro, l'intero reparto era pronto a fare lo stesso. Furno rimandati a casa con la promessa di trattative. Al terzo giorno, la Chatwin & co. si era arresa. Avrebbero ripreso Dan, Yala, Chang, Ernest, Sally e Thomas, permettendo a tutti di lavorare per quanto sarebbe stato nelle loro capacità. Avrebbero permesso a tutti di continuare a montare armi micidiali che avrebbero difeso la loro terra, la loro porzione di 'Verse, il loro orgoglio, la loro dignità. Gli operai stavano firmando il contratto d'accordo sotto gli occhi di Eir. Lei restò immobile, ammutolita per un attimo eterno. Solo quando la coscienza di quanto sentito ebbe iniziato ad sprofondarle nella mente, annuì, scollando le labbra sconvolte. "Aspetteremo le batterie" assicurò.

Alla nave, Zachary Stering stava ancora imprecando come un ossesso, agitando la bottiglia ormai vuota di scotch. Fissò gli occhi furiosi sulla figlia, che rientrava pallida come un cencio, con una nuova luce negli occhi. "Aspettiamo le batterie" ripetè lei, come promesso. Non servirono spiegazioni. Il tono di voce aveva troncato sul nascere ogni protesta del capitano dell'Oldma. Era il tono di voce di chi aveva affondato le mani nella terra, fino a sfiorare le radici della rivolta, la ragione per cui erano in guerra.

Rialzati



[Sera, porto di Sunset Tower. Sala macchine della Almost Home]

Bogart apre lentamente la porta della sala macchine. Le luci sono spente, solo il lampeggiare dei macchinari attivi rivelano la figura di Eir Sterling, seduta vicino all'amaca, un grumo di respiri stanchi nel buio. Gli occhi del pilota si adattano lentamente alla mancanza di luce. Si avvicina di qualche passo, silenzioso. La meccanica ha la schiena e la nuca appoggiati contro il pilone di ferro, lo sguardo perso fra le ombre, il viso pallido rivolto verso il tetto metallico, la fronte sudata, le labbra frementi. Fra le mani, la weyland AP-7, che tiene per la canna. Le nocche sono sbucciate, sanguinanti. Poco lontano, a terra, è posata una bottiglia di whisky. Intatta. Gli occhi del nano si posano sulla pistola, allargandosi immediatamente. Solo il suo respiro spaventato attira l'attenzione di Eir, che sposta lo sguardo livido su di lui. Lo osserva, guarda la pistola, e di nuovo il fratellastro.
"Easy."
"Non fare puttanate."
Eir posa lentamente la pistola sul pavimento metallico, sospingendola verso di lui. Con un rumore stridente, la semiautomatica scivola lontano dalla sua portata. Alza le spalle.
"Contento?"
"Eir." Il tono di Bogart è stanco, preoccupato. Non ha il solito piglio stronzo. "Cosa stai facendo?"
Eir esita. Per un lungo istante non risponde. Continua ad ammirare la distruzione che ha seminato sulle proprie mani. Si stringe nelle spalle, ancora una volta.
"Come si addestrano le bestie."
Non piange. Gli occhi sono rossi di stanchezza, di provazione fisica a causa dell'astinenza. Lucidi per tutto il male che rischia di fare. Non piange. Bogart scuote il capo e le si avvicina. I suoi tratti schiacciati, ridotti, sono abituati a tirarsi come acciaio, in reazione a qualsiasi contatto umano. Non hanno mai parlato molto. Le si siede vicino, posando la mano sulla su quella della meccanica. Lei ha le dita più lunghe e peggio ridotte di quelle di lui. Le stringe piano, espirando, come se dovesse buttare fuori tutta la stanchezza, tutto il buio.
"Hai paura".
"Voglio farle vedere il 'Verse libero. Nasce dentro ad una prigione."
Bogart ascolta. Per un lungo istante non dice nulla.
"Jack dice che sono i tipi come me  e Scott che rimetteranno in piede il 'Verse, dopo."
Il sorriso amaro si staglia fra le labbra in modo qusi freddo.
"Scott è sparito. Io quanto durerò?"
Sfila la mano da sotto quella del pilota, e stringe le ginocchia contro il petto. Ci riusciva meglio prima, prima che il ventre sporgesse, minacciando di renderla una persona completa.
"Sterling."
Sospira lui.
"Avere un figlio è la più grande dimostrazione di fiducia che tu possa fare nei confronti di questo puttanaio di 'Verse."
Lei non risponde.
"Rialzati."
Si alza, e la lascia lì, nel buio, con i suoi grumi di paura ed il terrore di non essere abbastanza, di non fare abbastanza. Dopo qualche istante, torna indietro, ad osservala dalla porta socchiusa. Lentamente, Eir Sterling si rialza. Si avvicina alla consolle, riprende a lavorare.

søndag 4. november 2012

When I grow up



Un pod di emergenza viaggia a tutta velocità, quando ad un certo punto si schianta contro una voce. Scontro fatale, atterraggio d'emergenza. Luci rosse, phwaah. Lo sportello si apre, e ne esce Eir Sterling, tirata fuori per la collottola. Fumo e ricci in controluce e tutto quanto. Poco lontano, Patchouli e Quinn stanno bevendo birra. Hunt è sverso come uno yak. Bentornati su Greenfield.

When I grow up, I want to be a forester
Run through the moss on high heels
That's what I'll do, throwing out boomerang
Waiting for it to come back to me

Avrei dovuto saperlo. Patchouli ed io siamo sempre e solo stati buoni a bere e parlare di cose inafferrabili. Tipo l'amore, ed i leoni. Quando si tratta di sederci e fare affari, finiamo per non concludere niente. Un tempo pensavo che saremmo finiti sulla stessa firefly, a razziare le navi dei ricchi e cambiare il 'Verse. Credevo che avrebbe ripreso il coat. Poi ho iniziato a capire, lentamente. Rapisce gente, ruba, si vende come scorta, smercia droga. Ha chiuso, con la guerra. Quando la guerra ha chiuso con lui. Ha un equipaggio a cui pensare, ha una donna. Il juke box si sveglia, e canta solo per noi. Sorride nello stesso modo di prima, di allora, di sempre. Quand'è che siamo cresciuti così in fretta? Chiudo gli occhi, e rivedo la stiva della Kujitsu, il bourbon, Ryder, sento le risate. Man. Siamo solo bolle sfumate? E se siamo solo sapone scoppiato, perchè i suoi contorni ricordano ancora casa?

When I grow up, I want to live near the sea
Crab claws and bottles of rum
That's what i'll have staring at the seashell
Waiting for it to embrace me

La tenda è ancora lì. Persino dopo il tornado. Deve essersi fatta un volo e riatterra nello stesso esatto punto di prima. Non ne ho mai dubitato. Non ci dormo da secoli. C'è chi ha perso una moglie, ed una tenda, nel tornado della vita. Penso che se non ti ci sei aggrappato così forte da farti trascinare via con loro, non li meritavi. O magari hai scelto di restare a terra e vedere i brandelli del tuo cuore volteggiare per aria, fuori dalla tua portata. Solo quando raccogli i pezzi dopo, da terra, scopri che il peso che li ha schiantati dopo il vento è lo stesso che ti ha tenuto ancorato per anni. Dicono che l'aria di Greenfield possa guarire quasi tutto, e se non ha guarito me, forse la mia non era una malattia.

I put my soul in what I do
Last night I drew a funny man
with dark eyes and a hanging tongue
It goes way bad, I never liked a sad look
From someone who wants to be loved by you

L'infanzia dopo la guerra non è durata a lungo. Le fondamenta di una felicità fatta di bolle d'alcol e confessioni mute non sono esattamente solide. Arriva la consapevolezza che il futuro lo manovriamo noi, così come il più grande degli skyscrapers si pilota con una cloche adatta a mani umane. Arriva il dopo, arriva il poi. Il nostro è arrivato troppo in fretta. Quando eravamo grandi. A colpi di cuore più che a colpi di mente, camminiamo lungo i nostri sentieri, sapendo che non c'è ritorno. Il juke box si riprende, only you, only you, only you. Ci voltiamo, perchè siamo marchiate con lo stesso flaw apparentemente discreto. Apparteniamo alla vena di umanità che si volta sempre, quel filone di anime che conserva un segreto antico. E' attraverso quegli sguardi oltre la spalla che la storia continua, che la storia si fa passare fili a caso, annodandoli con crudeltà. Ma noi siamo anime amanti divise dalle scelte e non dal fato, sappiamo esattamente quanti crateri ogni nostro gesto e parola produca. E se le scelte sono le cellule che ci compongono, non l'abbiamo sempre saputo, che sarebbe finito tutto in un sogno atomico ad occhi aperti?


You've got cucumbers on your eyes
Too much time spent on nothing
waiting for a moment to arise
The face in the ceiling and arms too long
I wait for him to catch me

Waiting for you to embrace me

Pwssshhhh, lo sportello si richiude. Quella sta facendo finta di essere in un pod. Eir Sterling è accucciata al suo interno, posizione di emergenza. Ginocchia contro il petto, braccia a circondare le gambe. Fuori, il vuoto siderale. Vorrebbe salvarsi.

lørdag 3. november 2012

Dear Jack

Saresti fiera di noi.

Quasi. A parte i feriti nella sickbay, il buco nella legion e la stiva devastata. Credo che saresti fiera di noi. Abbiamo tratto in salvo Eric Rose. L'abbiamo fatto con mezzo equipaggio appeso fuori dalla Legion, e con Polly terrorizzato e fantastico ai comandi. Ma l'abbiamo fatto. John è stato perfetto, e Carsen pure. Hanno rischiato la vita, senza fare una dannata piega. Quando lo abbiamo salutato perchè raggiungesse Renshaw, Eric Rose aveva negli occhi la luce delle persone libere, ed il buio di chi si lascia la propria vita dietro. Per lui non c'è ritorno. Non finchè non avremo vinto.

Con Polly abbiamo anche deciso di coinvolgere Vasilye e Celsire nei Devils. Con me a terra, abbiamo bisogno di un meccanico che ci possa seguire ovunque e comunque. E di Vasilye non ho problemi a fidarmi. Sappiamo bene perchè. Il problema, è vedere se lei è pronta ad uccidere blues a sangue freddo. La soglia fra quello e ciò che fa adesso è sottile, ma affilata.

Roona si sposa con Tannher. Lo fa domenica. Non credo riuscirò ad essere su Greenfield in tempo, ma le porterò i tuoi saluti. Tanto non puoi farci nulla. A proposito di Greenfield, Polly ed io abbiamo deciso che è lì che starò, quando dovrò smontare dalla nave. La sola idea di non volare per quattro mesi mi dà la claustrofobia. Potrei darmi al giardinaggio, oppure imparare a cucinare.

Who am I kidding.

A parte questo, io sto bene. Ho contato dieci settimane ieri, vomito nel modo buono, prendo le pillole, dormo almeno cinque ore a notte, e Vasilye mi sta dietro come un dannato avvoltoio, quindi non c'è speranza che io tocchi un cicchetto prima del prossimo Ex Day. Polly non fuma più quando ci sono io, tranne quando abbiamo guasti alla macchina gravitazionale, perchè proprio non ce la fa a stare a Zero g. Ah, yeah. Abbiamo incontrato i Grays. Credo volessero offrirmi un posto sulla loro nave. Ma ho detto no, grazie. Non nella loro lingua, perchè parliamo lingue diverse. Ma ci siamo capiti, insomma. Loro devono proteggersi e nascondersi. Noi dobbiamo liberare la casa che abbiamo.

Casa ti aspetta, 'Cap.

A presto.