lørdag 30. juni 2012

Get lucky

Non saranno le sbarre a spezzarti. Non sarà l'astinenza a spezzarti. Non sará la mancanza, a spezzarti. Non la paura, non il freddo, la fame, il vuoto, l'infinito nero dello spazio.

HELL IS OTHER PEOPLE

Cerco di pensare ai nostri discorso diluiti nell'alcol. Cerco di pensare al momento in cui mi salva la vita, prendendomi a bordo della Almost Home. A quando s'indurisce come il cemento, e dà ordini come se non ci fosse un domani, per salvare l'unico domani possibile. Cerco di pensare a quando ho deciso che la mia vita non avrebbe potuto andare altrimenti. L'unica cosa che vedo è il suo sguardo ferito. La vena bruciante di sufficienza rabbiosa, tradita. Silente. Mentre mi supera, mentre si allontana. Mentre inaugura l'inverno a maggio.
M'avevano rassicurato, in passato, che gli anni avrebbero tolto innocenza e regalato spietatezza. Non capivo, non ho capito finchè non ho lasciato l'ingenuità rotolare a terra come un sacchetto di biglie aperto. Non la vedevo, la spietatezza, nello sguardo di mio padre. Nello sguardo di Zachary. Di Presta. Del comandante Richardson. Solo dopo, anni dopo, ho compreso che non è visibile. Ciò che molti si aspettano di vedere sul volto di una persona che ha attraversato l'inferno a piedi nudi è insicurezza, paura. La spietatezza ha un altro aspetto. E' gentile, discreta. E' il freddo che ti cinge il cuore con calma rassicurante. Che ti illude di poter soffocare ogni emozione. Ogni. Singola. Emozione. E che te ne convince. Giorno dopo giorno. Non è spietatezza, la mia. Ora lo so. Me lo sono dimostrato, colpo dopo colpo. Insulto dopo insulto. Non masticherò l'orgoglio e non lo inghiottirò. Non potrò mai mandare il cuore in apnea così a lungo. Morirò prima. Jack non avrebbe mai potuto soffocare il cuore così a lungo. Jack non ci sta più. Ma questo è il nostro giorno fortunato.

Guardo Polly, nella gabbia di fronte alla mia. Guardo lui e vedo il casino in cui l'ho trascinato. Eppure non si lamenta, non insulta, non protesta nemmeno. Dice che sarebbe finita comunque così. Mi chiedo se è vero, se è semplicemente quello che abbiamo sempre saputo. Che stanno venendo a prenderci, che c'è un McCorvin sulla via per il nostro Saloon. Eppure restiamo. Restiamo, e nessuno se la dà a gambe. E' orgoglio stupido? Coraggio idiota? O è ciò che farà aprire gli occhi a questo dannato posto? Guardo Polly, scambiamo battute idiote. Dice che Jack è sollevata per il fatto che sia lì. Il mio angelo custode apprezzatore di tette. La mia spalla su cui crollare, sversa o dietro le sbarre. E' il mio giorno fortunato.

Non mangio. So già che uscirebbe tutto tanto veloce quanto è entrato. Vomito saliva, mi contorco nella mia astinenza. Non fosse per lo zaleplon di Ilias avrei preso il muro a testate fino a spaccarmi la fronte. Ho bisogno di bere, ho bisogno di lui. Non è solo il bisogno di crollargli accanto e parlare. Svuotare tutte le idee annodate, tirarle fuori tutte insieme per forza perchè da sole non esistono. E' un bisogno fisico pungente, così doloroso da mozzare il fiato. Ho bisogno della sua pelle appiccicata alla mia, ho bisogno del suo possesso disegnato a sguardi strattonati, voraci, gelosi. Ho bisogno dell'angolo della sua bocca, perchè senza il 'Verse è fuori asse. Non vederlo, non sapere nemmeno se sia in vita, mi riempie il cuore e lo stomaco di grumi neri appiccicosi e pesanti. Vomito tutto. Vomito grumi neri, mi vomito lo stomaco. Mi vomito anche il cuore. E' il mio giorno fortunato.

Le voci si confondono. Il sonnifero si impadronisce di grandi fette di mente, di grandi fette di ricordi. Lo sguardo dolorante di Roona. Le dita di Pike a pochi pollici dal vetro blindato. La preoccupazione livida di culo di Chiodi. Gli occhi di Quinn, che slittano sul sentiero delle mie sconfitte. Quelle dentro. Eppure le parole di John mi restano limpidamente incastonate nella mente. Le pietre sulla tomba. Non c'erano più fiori, dopo la guerra. Erano stati rasi al suolo assieme alle persone. Mi guardo le nocche, o quel che ne resta. A volte bisogna crivellare una corazza di colpi fino a polverizzarla, per ricordarsi del cuore pulsante che vi si nascondeva sotto. Il cuore pulsante su cui ho marciato senza pietà. Su cui la guerra ha marciato senza pietà. Guardo John, nemmeno vent'anni ed una pistola alzata contro gli alleati per difendere il suo capitano. La guerra ha ridotto il nostro 'Verse in un cumulo di macerie celebrative. E noi ci consumiamo pascolando fra i resti, vedendo noi stessi come eroi. Dobbiamo vivere di luce propria, finchè la polvere non si abbasserà e ci lascerà rivedere il sole. Un ragazzino diventa un guerriero. Un meccanico diventa un costruttore di futuri. Un capitano diventa il messia. E' il nostro giorno fortunato.

Siamo persone che si sono rese la rivoluzione facile. Il nostro senso di colpa riesce a mimetizzarsi sulla parete del cervello, indossando le spoglie più singolari. Rabbia, vendetta, odio. Il senso di colpa per aver fallito, ad ogni colpo. Dal primo grande colpo. Vedo Zoya uscire dalla stanza, ne sbrano la sensibilità solo per abbassare le tapparelle del silenzio sulla stanza. Poi parliamo. Parliamo del messia con un mauler alzato nella destra. Hanno bisogno di vederci vincere. Parliamo della nostra guerra. Della fine dei compromessi.

Ha lasciato il ranch. Ha lasciato i compromessi a me. Lei ha chiuso. Non so che faccia indossare, ora, non so attraverso quali occhi guardare Roon. E' come se lo avessi potuto sentire, il suo cuore. Scricchiolante sotto i colpi sparati al saloon. Mentre vede le pareti crollare e l'odio insinuarsi ovunque. Mentre vede l'odio che ha sempre abitato le anime farsi visibile. La rabbia risalire i corpi e tornare a galla. Non conosco le dimensioni del buio che porta dentro. Ma inizio a vederlo, mentre cola dalle sue labbra serrate. Invisibile, bruciante. Invisibile come i segreti che Quinn ed io abbiamo palleggiato di fronte a lei per mesi. Per proteggerla. Mi viene da ridere, ora. Cosa cazzo credevamo. Il giorno in cui saprà, le cadrà il cuore quattro piedi sotto terra. Ecco come l'avrò protetta. Scavando la fossa per le nostre menzogne. Scavando una fossa tanto profonda da assicurare il suicidio della fiducia. Il suicidio di tutto ciò che abbiamo avuto. Eppure non posso lasciarla in pasto alla verità. Non ancora. Non con il buio colante, non con il suo sguardo stanco. Non quando si sottrae al tocco, e se ne va. Da sola. Resto. La costruzione può solo iniziare dove ha stretto radici nella terra. E' il mio giorno fortunato.

Invento balle quotidianamente, e poi ci bevo su. Con Quinn non mi sono nemmeno dovuta sforzare. Torna a Gào Shi. Non sarà su St. Andrew. Mi indica la tenda. Vestiti puliti. Whisky, silenzio. La fine della prigionia inizia superato il confine dentro. Lei ha sempre le chiavi giuste in mano. Si spoglia e cerca di lavarsi di dosso i miei misfatti. Minaccia più che apertamente, ma le minacce funzioneranno solo il giorno in cui potrà cavalcare un cavallo meccanico volante. Mentre cerca di sfilarmi le radici da sotto i piedi e piantarle in tutta sicurezza fra quelle della Quercia Nera, io chiedo della prossima nave per Hall point. Mi guarda in modo strano. Non da moglie tradita. Come se all'improvviso si trovasse su un'altra isola. Non ci sfioramo, ma è come se avessimo passato millenni abbracciate, dopo che mi ha tirata fuori dal postaccio infernale. Mi chiedo cosa farò quando i manichini capiranno che è in grando di intendere e camminare, e la rapiranno per sempre. Mi chiedo cosa farò ora, mente le placche che abbiamo sotto i piedi slittano e ci trascinano ognuna sui suoi binari, squarciando la crosta, sfiorando la prima casella del domino che scatenerà il terremoto al piano di sotto. Mi chiedo cosa farò quando l'avrò delusa troppo. Mi chiedo dove sia il limite, a che punto il suo cuore si rifiuterà di continuare a partecipare al nostro gioco assurdo. Ci siamo addormentate vicine. Nel silenzio, ho sentito ogni sua parola. Sostanzialmente, TIENITI LONTANA DAI CASINI. Io non posso. Non posso. Noi siamo nel saloon, e McCorvin sta arrivando. E' il mio giorno fortunato.

E' atterrato da parecchie ore, ma non ne ho ancora visto l'ombra. Sta parlando con Jack. Divido una bottiglia di vodka con Demidov, lo vedo addirittura sorridere. Scambio un paio di insulti con Ilias, mentre Polly si accorda con Sharpe riguardo rotte per St. Andrew. Sentire il metallo familiare della Almost Home contro la nuca, con l'alcol in circolo a calmare le grida più stridule del corpo, mi rilassa. Eppure non placa. Come se la sua vicinanza rendesse i grumi dentro più densi, più pesanti. Frammenti di piombo che lentamente scivolano attraverso la parete dello stomaco, il pavimento dell'anima, che schiantano tutto un corpo in lotta a terra. Scrivo, risponde, alla furia più cieca bastano due parole. So esattamente cosa succederà. So esattamente cosa succederà quando mi lascio la Almost Home alle spalle, barcollando. Quando percorro il sentiero buio tentando di riassorbire tutto lo spettro emozionale che ho lasciato in custodia alla signora in giacca blu insieme ai miei effetti personali. Una sola parola, e l'ha riacceso tutto. So esattamente cosa succederà, tempo di asciugare gli occhi, mentre divoro gli scalini a due a due. Il ritmo cardiaco devia, si immette su binari propri. Scoppierebbe, a dover sopportare le leggi della fisica di questo pianeta. Di questa realtà. Spalanco la porta. Gli insulti non fanno in tempo a scontrarsi e scoppiare come bolle di sapone che stiamo già lottando a morsi sulla stessa tavoletta di ossigeno. Chiudo la porta, lasciando fuori il 'Verse. Sono i cuori, ora, a scandire il passaggio del tempo. Giuro. Siamo nella nostra macchina del tempo personale, a giocare con lancette di nervi. Giuro. Bastano i suoi occhi a ricordarmi che nelle vene sto contrabbandando cherosene. Giuro. Che l'incendio divorerà tutto, fino all'ultima briciola di esistito.

E' il mio giorno fortunato.




onsdag 13. juni 2012

Whatever gets you through

Lo sguardo deciso di Jack. I muscoli che lottano con la cintura per saltare su e gridare victoria. Gli occhi di Culo di Chiodi, la sua sigaretta, il panino di Polly. La consapevolezza di avercela fatta. Io, e noi. Sopra tutto. Sopra i nervi ancora tesi, il cuore che corre come un rinoceronte impazzito dentro il petto, sopra il sudore sulla fronte e nelle mani, sopra la paura di perdere, di mandare ancora una volta tutto a puttane. Sopra il terrore di aver perso Jack e Red. Si, ci credo. Ci credo, che noi riprendiamo la guerra dove loro l'hanno lasciata. L'alba di domani ha un colore diverso. Rosso sangue esploso nel buio del 'Verse. Reinshaw poterà a termine la missione, e noi potremo stare sul fronte, a ricacciarli da dove sono venuti. Perchè questa volta, non ci sarà grotta, scusa, rifugio o Dio che tenga. Questa volta si va fino in fondo.

 'ttanedaguerra, domani mattina mi ritrovano con la testa nel cesso.

mandag 11. juni 2012

A real human being

Ci scartavetriamo l'anima. Grattiamo, scaviamo fino ad esaurire le unghie e poi le dita. Nella sua stanza, in una lenta danza di luci, nell'apertura inesorabile dell'aria della foresta. Nel momento in cui i suoi demoni riescono a forzare le mascelle serrate e le labbra incollate. Nel momento in cui l'alba ci accarezza la pelle. Quando affonda dentro di me, e si chiude la porta dietro le spalle e stacca la spina.

Le sue costole si incrinano sotto i miei polpastrelli, sotto il peso della mia impotenza. Non mi guarda. Mi incatena al suo mondo freddo, asettico. Mette la sua vita nelle mie mani con una calma agghiacciante. La fialetta arancione. Sul braccio o nel collo. Meglio nel collo, se te la senti. Sento le impalcature crollare, dentro. Se un giorno o l'altro dovesse succedere. Mi addestra al disastro. Mi ammaestra al nulla. Fatico a respirare. L'ossigeno mi si raggruma dentro, senza capire dove andare. Avvicina l'hypospray al braccio ed io lo stringo, mi aggrappo alla sua mente, cerco di tenerlo a terra con me. Ma lui è una forza inarrestabile, una fortezza d'elio. Non si ferma. La sua spalla è così vicina, muoio dalla voglia di seppellirci gli occhi ed il sale. Mi costringo a guardare, mentre si inietta la dose giornaliera di morte. Mi costringo a guardare, mentre rinuncia spassionatamente al persempre. Mentre inizia a trascinare le reti verso riva, catturando la nostra fine. Con la determinazione cauta di un pescatore, non con la furia decisa di un cacciatore. Si accascia contro di me e, semplicemente, ci accompagna verso l'inevitabile.

Presta ha iniziato a salire in soffitta. Ogni giorno, portando giù nuovi mucchi d'immondizia che chiama ricordi. Joe non ne può più. La settimana scorsa si è presentata in laboratorio con una grande cassa con su il nome di Roger. Gliela porti? Sono stanca di fargli da magazziniere. Sono stata a fissare la cassa per quattro ore, senza muovere un singolo muscolo. Come se i miei tendini fossero fatti dello stesso adesivo che stringeva l'apertura di cartone. Alla quinta ora, l'ho caricata sulla Sheridan di Burt Mclaren, e mandata ad Hall Point. A lui. Al mio coraggio abbandonato sotto i neon. Rivedo nella rabbia e nella confusione di Eleazar ogni lotta mai combattuta da Roger contro mio padre. Contro Safeport, contro il 'Verse. L'assenza di pietà, di appartenenza e anche di apparenza. La gelosia, l'incomprensione. Il bisogno di liberarsi del mondo, di concentrarsi sull'essenziale. Il bisogno di scavare oltre i nervi ed aggrapparsi all'ultima tavola di ragione per non impazzire completamente sotto i colpi dei fantasmi.

Avevo un equilibrio. Poi l'ho mandato a puttane.
L'ho mandato a puttane per avere te.

Gli ho tolto ciò che lo stava salvando. L'ho privato del guscio, ed ho preteso che lasciasse la carne viva sotto la luce bruciante di ciò che ci sta succedendo. L'ho costretto alle mie verità, ho messo in gioco la sua vita, la mia vita, esattamente come lui fa ogni sera, prima di sdraiarsi e tirare a bordo una dose di morfina, una striscia di blast, una botta di meth. Una ghigliottina per due, ogni nostra azione. Ogni secondo. Un passo verso il grande buio. Eppure lo voglio. Oltre ogni ragione, equilibrio, colpa, rimorso o senso. Voglio essere la sua sposa. Svegliare un sorriso sulle sue labbra all'alba. Sentirlo stringermi nella folla, regalarmi i confini di una casa ovunque. In uno spazioporto, nel prato delle lucciole, nella stanza dal silenzio soffocato, sopra le grandi carcassi di navi in attesa di medicazione, sotto il ponte delle coincidenze. Voglio averlo tatuato addosso nelle battaglie ed accanto in un 'Verse libero. Voglio un 'Verse libero e lo voglio con lui. La realtà bussa con insistenza alla corteccia cerebrale. Sfioro la corteccia ruvida della quercia, mi chiedo quante scintille mi hanno separata dall'esplosione, finora. Poi tutto si placa. Un nulla soffice torna a posarsi sulle piante, sull'aria, come la prima neve. Se tutti i sogni si schianteranno in un'ultimo pensiero deragliato, la fine con lui sarà comunque la cosa più bella.

fredag 8. juni 2012

Trust for beginners

L'ultimo mese ho passato più tempo con Polly e Pike di quanto non ne abbia passato con me stessa. Ho bisogno di conoscerli. Di sapere che la Almost Home vola su basi stabili. Sanno di st. Andrew, e fanno parte della missione del Grizzly. Pike ha detto quello che a nessuno di noi disadattati è uscito dalle labbra da quando ci conosciamo. Ma è qualcosa che sappiamo. Siamo famiglia. Infatti, non ho tardato a darmi al devasto con Polly, rischiando di farmi impallinare da McCorvin. Lui mi ha tenuto un braccio, El l'altro. Mi ha aspettata nella corsa alla ragione. Mentre coprivo di baci il baratro aperto negli occhi dell'uomo che amo. Polly è solido. Ci prendiamo per il culo senza freni, ci prendiamo a schiaffi mentali senza problemi. Non costringe, non consiglia. Bastano sguardi muti di comprensione. Mi piace, per quanto Culo di chiodi possa storcere il naso. L'Almost Home aveva bisogno di Polly. Avevamo bisogno di Polly. E di Pike. Pike è un riccio molto giusto, dall'aria sfottente. Pretende verità in cambio di verità. Offre sarcasmo in cambio di sarcasmo, ma anche forza in cambio di nulla. Mi ha detto che non fa bene, portarsi le cose dentro. Gli ho detto che potrebbe fare ancora peggio tirarle fuori. Pike porta dietro la fede al dito di un fantasma. Dice che gli ricordo sua sorella. Ci sfottiamo nel silenzio del rifugio, perchè altrimenti il silenzio ci rapisce e l'attesa ci mangia la testa. Perchè questa volta li lasceremo andare a fondo da soli, perchè questa volta si vince.

Mi serve un braccio destro. Sento lo stomaco chiudersi come un cancello circondato da filo spinato. Bevi troppo, e troppo spesso. Guardo i suoi occhi, e ci sono le fondamenta, dentro. C'è l'ancora. Mi sento come la nave volante che ha deciso di fare il passo decisivo. Prendermi tutta la sua fiducia, come una bestia affamata.  La divoro, annuendo come se stessi facendo un favore al 'Verse. Rimando il conto con la felicità, rimando il conto con la verità. Cerco modi di scalare il cuore di Roona, di avvolgerlo dentro una pellicola di diamante. E mentre mi arrampico, vedo i tagli profondi. Mi guarda, dice che Capitan Qualcuno è una storia persa. Non sono fatta per le parole. Resto muta, e vorrei semplicemente inglobarla, portarla con me nel luogo del silenzio. Pulizia.

Pike dice che Jack ci ha divisi. Lui, Culo di chiodi ed io sulla Almost home. Polly e 'Cap sull'Alaska. Sento i polmoni collassare come due mongolfiere a fine viaggio. Lui me lo vede dentro. E scava, scava con la sua discrezione calma. Con quella calma che non riuscirò mai ad annodarmi intorno al dito. Gli dico della Cecilia Carter. Lui non fa una piega. Se Jack si fida, io mi fido. Jack si fida. Jack si fida. Vedo le mani percosse da fili strani, fili sconosciuti. Come se le stessi legando ad una grande anima invisibile. Sento l'inverno posarsi in silenzio sulle valvole del cuore.

Ho la fronte bagnata di sudore, e le dita tremanti. La notte mi rannicchio nella cabina e mi spingo nel sonno a colpi di forza. Non posso nemmeno mentire dicendo che ho deciso di punto in bianco, che non so dove sia iniziata. Il rave. McCorvin e la mia testa su un possibile palo. Le parole di Roon. Le parole di El. La guerra, dentro. Il messaggio. I messaggi, il gelo. Controllo le vene, sembrano scorrere come devono. Credo sia Pike. Forse anche Polly. Non riesco a capire. Non riesco a concepire un 'Verse senza di lui, e non riesco a capire che non me lo veda in faccia. Non riesco ad immaginare altra pelle che la sua, altro odore che il suo, altri occhi che i suoi. Sono sua, fino alla fine.

Siamo affondati nell'erba del nostro letto, in mezzo ad un prato, fra mura invisibili. Abbiamo lasciato la realtà alla porta, fingendo di non sentire quando s'è messa a bussare più forte. Eppure basta un cedimento minimo, ed il pavimento ci crolla sotto i piedi. Sono stanca. Sono stanca mentre monto i nuovi banchi laser sulla Almost Home, mentre il cuore si impenna ancora nel progettare il piano che renderà il Grizzly orgoglioso di noi, mentre mi trascina dietro come un peso morto. Sono stanca delle guerre nel cervello, perchè una guerra basta per tutta me.

Sono tre giorni che non tocco un goccio. Ho bevuto litri di caffè, vomitato, lottato con i nervi dentro, pensato che le budella mi avrebbero lasciato per protesta. La realtà è una merda, ed evidentemente il mio corpo si rifiuta di accettarla. Credo il problema fondamentale sia la fiducia. E' una cosa alla quale ci si deve abituare con cautela. Un'overdose può essere fatale. Può spingere a fustigarsi, a rifugiarsi nel proprio bisogno di dimostrare. Dimostrare, dimostrare cosa? Cosa sto cercando di dimostrare? Non sono persa. Ho semplicemente ricevuto in dosi abnormi qualcosa che non mi sono ancora mostrata in grado di restituire. Trust.


søndag 3. juni 2012

Hey little sister


 Hey little sister what have you done?
Hey little sister who's the only one?
Hey little sister who's your superman?
Hey little sister who's the one you want?
Hey little sister shot gun!

Le mie mani si scorrono fra i fili dorati delle sue ciocche bionde, poi si fermano, restano prigioniere come delle falene in una ragnatela gigantesca. M'ha preso il cervello e l'ha disposto in cima alla collina. Poi ci ha dato un bel calcio, e via. Giù. E non è una caduta libera. Oh no. Senti l'impatto con ogni dannata cosa che superi. Sassi, erba, roccia tagliente, rami, spine. Quando arrivi in fondo non sei più riconoscibile. L'allenza l'ha interrogata. L'alleanza sa su cosa stava indagando per Baylong. Wolfe sa. Io chiudo gli occhi, e vedo gli occhi di Jack. Lo stesso cedimento, il terrore. Vedo le mani tremare cacciate in tasca. Vedo il buio, sento il ghiaccio. Vedo il letto d'ospedale, vedo Quinn che dorme e sembra non essere intenzionata a svegliarsi mai più.

It's a nice day to start again.
It's a nice day for a white wedding.
It's a nice day to start again.

Take me back home

Non parlerà mai. Non ho nemmeno bisogno di chiederlo. E lei non ha bisogno di prendersi un'altro proiettile nei polmoni per dimostrarlo. E' l'unica di loro a sapere. Ma nel momento in cui lei schiude la bocca e lascia cadere parole pesanti quanto il piombo che si è presa fra le spalle,  io vedo la morte danzarle dietro come l'ombra in un teatrino assurdo. Voglio dirle che non possiamo vederci mai più. Che non possiamo sentirci mai più. Che da domani saremo due sconosciute.

Hey little sister what have you done?
Hey little sister who's the only one?
I've been away for so long (so long)
I've been away for so long (so long)
I let you go for so long

Forse è la paura, forse è la consapevolezza del fatto che ogni volta è l'ultima volta. Che la felicità ha un prezzo, e questi attimi sono costosi. Scacciamo i pensieri come mosche fastidiose, ci liberiamo della realtà come ci si libera di un corsetto troppo stretto, che ti stringe i polmoni e ti soffoca fino a perdere il contatto con i nervi, con te stessa. Non so perchè ridiamo, ma ad un certo punto ridiamo così forte che nonno Thomson spalanca la porta e affigge su di noi il suo sguardo da gioconda in vacanza. Io mi fermo come una marmotta in fuga, come un coniglio acceccato dagli abbaglianti di un Polly in mezzo alla strada. Richiude la porta, e le cascate di biglie colorate tornano a sgorgare dalle profondità. Sento le distanze scivolare via lentamente, apro la mano contro di lei. Ci appoggia il palmo della sua mano. Ne osservo la metà della faccia che non è affondata nel cuscino.

There is nothin' fair in this world
There is nothin' safe in this world
And there's nothin' sure in this world
And there's nothin' pure in this world
Look for something left in this world
Start again

Tutte le partenze sono come uno strappo. Tutti i ritorni si incollano sopra ai resti di qualcosa. Le racconto della Shepard sul cesso, appesa alla parete nella mia stanza. Le racconto dei nodi di legno nelle travi. Fisso gli occhi su Quinn bambina appesa alla parete, e mi rendo conto di non avere ricordi, mi rendo conto che la conosco da una vita. Ti ricordi di quella volta in cui costruimmo la casa sull'albero, sopra il ruscello, e finimmo a comandare una zattera? Chiudo gli occhi, così, con le dita accartocciate intorno alle sue, la testa nell'incavo del suo collo. Nessuno ti amerà mai come. Parliamo del matrimonio. La cosa fondamentale sono le lucciole. Il resto non conta. La tenda non si tocca. La tenda è nostra. La smetto di parlare. Anche questa è la nostra tenda, la tenda fatta di sguardi. Ce la trasciniamo dentro al cervello per mesi, poi ci fermiamo, ci guardiamo, e la montiamo senza una parola. I paletti sono i battiti del cuore, che fermano la tela nella terra morbida. Non vedo l'ora di aprire gli occhi sulla faccia scombussolata di Holden Carter, domani mattina, quando ci porterà la colazione. Quando le, porterà la colazione.

Come on
It's a nice day for a white wedding
It's a nice day to start again.
It's a nice day to start again.
It's a nice day to start again