søndag 29. april 2012

How many stars can you stomach

Non mi basta più.

Non ci è voluto molto per riavviare il cuore. Il suo tocco leggero è stato abbastanza. Era dai tempi della morte di Roger che non mi riducevo in questo stato. Dopo la sua pelle sotto la mia. Dopo le sue vene a portare una carica esplosiva. Dopo le sue parole che mi rimbombano dentro come un missile in fase di lancio.

Cosa siamo, io e te?


Dopo che mi ha strappato il respiro, dopo che me lo ha rubato come un criminale meschino. Dopo che il suo cuore ha rischiato di venir frantumato da un proiettile anni fa. Dopo che una mira incerta ha salvato il resto della mia vita. Dopo che ogni volta che lo sguardo, ringrazio le coincidenze.

there stands the bottle
ladies and gentlemen
all these bottles
don’t have to tell you, friends
these days miracles
don’t come falling from the sky
raise your glasses to the doctor
to a stand up guy


Dopo il che suo corpo teso in una missione pietrificatrice ha saldato ogni giuntura nella mia testa. La bottiglia in una mano, i ricci stretti fra le dita dell'altra, annego nel mio stesso vomito, la testa nel cesso. Joe mi parla, là dietro. Lo sento appena, non mi importa.

Noi ti appoggiamo, non è un caso che sia tu la scelta per questo incarico, abbiamo una grande stima in te, io per primo.


Mi chiedo se Scott abbia perso la ragione ma mi piace pensare di no. Lo stomaco si rivolta di nuovo, questa volta per la sorpresa, mi sembra che un mostro ancestrale mi stia strappando le budella. Penso che questa sarà la volta in cui verrò risvoltata come un calzino, che il mio dentro tagliuzzato, sanguinante e marcio verrà appeso ad asciugare sotto il sole dei loro sguardi.

E' deciso, allora.

E' deciso, Cap'. Sceriffo. Cacciagreyskin. Indipendentista.

La sua donna.

Sei la mia donna.


Mi rimbomba nella testa più del dovuto. I conati si sciolgono lentamente, le budella la smettono di contrarsi. Il corpo si arrende, la lotta scema, i nervi sfiniti si accasciano su se stessi. Lascio la presa, mi lascio trasportare via dal giramento di testa soffice. Da domani dovrò essere la persona forte, responsabile. Di cui si potranno fidare. Scaccio i brividi e mi lascio scivolare sul pavimento, strigendo la bottiglia come un neonato. Sono solo le mie stesse braccia a cingermi, ma faccio finta che siano le sue. Immagino il calore con cui mi ha accesa. La sensazione esatta che ho provato in quel momento, la scintilla che ho raccolto con cura nel suo sguardo.

Non mi basta più.

Un poco muoio, dentro, mentre stringo fra i polpastrelli dei sogni impalpabili. Mentre rivivo la vita. Vedo un caffè in un giorno pieno di sole. Vedo verde vicino, sfuocato. Vedo la fine di tutti i sogni. Non è una muraglia distruttiva. E' come la foce di un fiume. Lenti, sfociano nella realtá.

onsdag 25. april 2012

Our endless numbered days

La luce malata di Sunset Tower mi ferisce gli occhi questa mattina, ma non riesce a sciogliere gli angoli bui in cui sono raggrumati i resti di sogno. Ti ho visto, stanotte.

Ho sognato una mattina a Capital City, una mattina di primavera. Sono seduta al tavolo di un caffè che dà su Carpathia Square e di fronte a me ci sei tu. Mi hai offerto la colazione, e mastichiamo discorsi normali. Poi fissiamo l'arca e ridiamo dei tempi in cui mi dovevi ricucire un giorno si e l'altro anche. La guerra è finita da tempo. I pianeti sono liberi, noi siamo liberi. Il dramma si è spento, noi no.

Tre giorni fa abbiamo festeggiato Indipendence Day sulla Almost Home, e Culo di Chiodi ha annunciato con fierezza che la flotta del governo indipendente di Koroleva le ha offerto un posto come capitano d'esplorazione. I vecchiacci dovranno iniziare a trovarsi qualcun altro, ha aggiunto. Jack e Scott hanno alzato le spalle, e le hanno detto che Sharpe non vedeva l'ora di liberarsi di lei dal giorno in cui ha messo piede a bordo.

Svuotiamo le tazze di caffè, ed un vento tiepido ti scompiglia i capelli. E' finita la guerra ovunque, tranne che fra le tue ciocche e fra i miei ricci. Il tuo sguardo si nasconde ancora fra fili d'ombra, come un gatto che si prepara all'attacco prima di divorarti l'anima.

Più tardi ci fermeremo da Quinn e Holden, solo per poter ammirare lo sguardo gigantesco, azzurro (e paurosamente simile a quello della madre) di Sallieallahdlia (era destino). Ti dico che sono due mesi che non vedo Roon, e che sarebbe ora di fare un giro al ranch. Da quando ha acquistato il Fulham per darlo in gestione agli schiavi liberati, sperare di vederla lontana da Oak town è utopia. Le è tornata la luce negli occhi, quella che lentamente si era spenta tanto tempo prima con la partenza di Buck e di Abel.

Tu invece dici che vuoi raggiungere i Monkeys, perchè da quando si sono dati al progetto di ricostruzione su Shije, Patchouli non si vede più. Io ti dico che secondo me non si è mai visto molto in un solo posto, ma tu mi assicuri che come provola si è calmato.

Poi mi fissi, mi prendi le mani, e tenti di convincermi del fatto che i Greyskins e la nuova arca possono aspettare. Mi dici che a volte fare l'amore è più importante che raggiungere i confini dell'orizzonte o salvare il futuro del 'Verse. O che forse è solo un altro modo per farlo.

Restiamo immobili, fra le labbra stringiamo ognuno la sua metà di quel sorriso che abbiamo spezzato e diviso tanto tempo fa. Non dici più nulla. Non mi dici che mi ami, non l'hai mai fatto. Ho imparato a decifrare il morse dei tuoi fremiti, il codice ricamato nell'angolo della tua bocca. Abbiamo superato le parole. Siamo stati noi, a presentare il conto alla felicità. Ed abbiamo incassato.

...

....

.....


Sbam.

E' al pod 34 che sta cercando di comprare una cazzo di nave, fuck, fuck fuck!
Joe sbraita sconsolato mentre mi scuote. Mi trascina alla finestra ed indica Presta nel bel mezzo della contrattazione. La luce violenta di Safeport torna a stringermi gli occhi. Il mondo senza respiro.

mandag 23. april 2012

In the hands of others

Mi ammazzeranno, prima che vi faccia rischiare il culo senza di me. 

Jack non è pronta per partire da sola. Metterebbe la sua vita nelle mani di Scott, senza pensarci. Ed anche tutte le nostre. La mia idea, all'inizio, era quella di impostare una rotta obbligata e partire da sola. Non rischiare la vita degli altri. Ho agito in modo completamente e freddamente opposto. Ho ricamato la lista di chi mi serve per sopravvivere. In tutti i modi. Culo di chiodi. Quinn. Eleazar. Jack. Il mio modo di pensare è rimbombato negli atri delle parole del 'Cap. Le ho chiesto se davvero voleva anche rischiare la vita di Scott. Lei ha risposto che portando lui, salva la vita di entrambi. Invece che mandarne una sola al macello.

Non ne sono sicura, e non è una cosa furba. Ma bisogna pur sentirsi vivi prima di uscire da questa vita...

Mi sono pentita di averne parlato a Quinn. Almeno per qualche secondo, quelli in cui ho riflettuto sul fatto che la circonderò di browncoat e la costringerò ad un silenzio senza spiegazioni. Eppure non posso tirarmi indietro. A questa missione servono i suoi occhi, la sua mente. La sua vicinanza. Due cervelli in uno. Questa non è una spedizione dei Devils. E' la spedizione di chi è abbastanza svitato da seguirmi. La spedizione di chi lo fa perchè ha bisogno di risposte, o perchè ha bisogno di domande. La spedizione che potrebbe cambiare tutto.

Assicurati ci sia abbastanza spazio per il naso di...un dottore. 

Metterei la mia vita nelle sue mani. Metto la mia vita nelle sue mani. Metterei tutte le vite nelle sue mani. Insieme, sopravvivo. E' ora che lo sappia.

søndag 22. april 2012

Twitch the grids of the heart

Il meccanismo si è inceppato. Mi sono fermata e sono affondata nella scia luccicante della vita che avrei potuto avere se fossi nata in un'altra era, in un altro mondo, sotto un'altra bandiera. Sfoglio Dalla Terra alla Luna e mi chiedo se cucirsi il cuore ed onorare le anime sconosciute con le gocce di silenzio che pretendono sia davvero segno di rispetto. Il libro di Donna Winter, che nonostante tutto resta suo. Nonostante Joe abbia cercato di inculcarmi il testa il concetto del valore sacro del dono. Ci sono le sue tracce, lì sopra. Le sue impronte gentili, il suo respiro elegante, il suo pensiero sfumato, il suo sorriso che mi ha fatto sentire una formica ben venuta. Cerco di convincermi del fatto che il coraggio è anche questo. Affondare oltre i confini del mondo conosciuto, di tanto in tanto. Abbassare la guardia. Mettere da parte il ringhio, ingoiare la rabbia. Cerco di convincere che ammettere la rivoluzione dell'anima sia la cosa più difficile di tutte.

Ci voltiamo lentamente, dando le spalle ad un mondo che lento ci frana addosso e seppellisce i ricordi.

Scarico la rabbia sulle sue spalle indolenti. Sul fremere della sua spina dorsale inarcata. Sul tremito che si nasconde avvitato nelle radici del suo respiro, nella base della mia gola, due secondi prima di annegare. Prima di perdere la presa sulla cassaforte dei perchè. Lo punisco per ogni gradino sceso verso il fondo. Per ogni volta che mi sputa nell'anima ricordandomi di essere innamorata, debole. Persa in partenza. E' una lotta continua, un terremoto di nervi e tendini, un incidente di ossa sbattute fino all'infinito.

Questa mattina, scendo in officina. Presta mi sta aspettando. Il volto contratto in una smorfia stizzita, a punirmi per il ritardo. Indossa il browncoat di mio padre e mi dice che dobbiamo partire subito. Dice che non capisce perchè Roger non sia ancora tornato. Cerco di grattare via le parole salate raggrumate al fondo della gola. Dico che non lo capisco neanche io. Due ore dopo, sto litigando con Allan Werner sul prezzo di un pacco di Asu 3. Li monterò nel cervello di Cecilia Carter, dividerò i mei segreti come pezzi di pane bruciato e scottante, e partirò alla ricerca della nave madre ad armi abbassate. Se non posso rispondere alle domande del mondo di Presta, voglio almeno poter rispondere a quelle del mio.

Mi volto, lentamente. Dò la mano al vento e mi lascio condurre fuori, nella notte tiepida. Lui chiude gli occhi, sprofonda. Lontano, nell'universo dei sogni, degli incubi, dell'incontrollabile. Crolla stremato, dopo che giorni di veglia gli hanno rubato le ultime rate di midollo. E' uno spogliarsi della mente, lasciare scoperto il viso mentre l'anima è in preda ai mostri dell'inconscio. Gli scatti improvvisi del corpo mentre risponde alla caduta giù da una scala impalpabile, mentre sfiora paure immaginarie. E' un gesto di coraggio, addormentarsi alla luce del sole, sotto i mei occhi. Mi piace credere che sia un gesto di coraggio. Lasciarmi a guardia dei suoi sogni.

onsdag 18. april 2012

To eat is to appropriate by destruction

Potrei dirti che morirei per te, ma sarebbe banale. Ci sono tante cose per cui ho deciso che vale la pena di morire. Potrei dirti che mi cambierai, che per te abbandonerò le mie idee e la mia guerra. Conosco il mio cuore abbastanza a fondo da sapere che sarebbe una menzogna. Non ho niente da offrirti, nulla tranne la mia fame infinita.

Non ho finito, ieri sera. Non te l'ho detto. Sono parole che non ho mai detto. Mai. Sono parole che mi tagliano fuori da me stessa. Che mi legano le mani, che mi abbattono dentro.

Io ho bisogno di te.

Per un solo giorno, per una sola ora. Dimentica Clackline. Dimentica Richleaf. Anche solo per un giorno, per una sola ora. Vieni su Safeport. Io non ce la faccio, senza.

Ho bisogno di t...


Se ci tieni a me, non rispondere.

Smetto di scrivere. Volto pagina. E' la lettera che non riceverai. Non so cosa sia successo ieri. Questa mattina mi sono svegliata con il vuoto dentro, e la paura di averti perso. Non a causa delle guerre, o delle menzogne, o degli intrighi. A causa nostra. I muri che abbiamo intorno, che abbattiamo a parole, ma ci rifiutiamo di colpire con i pugni.

Ho trovato la tua lettera. L'ho cucita alla mia mente, con il tuo ago da sutura. Ho detto addio ad ogni fantasma che assomigliasse al terrore. Ho detto addio ai pilastri della realtà. Mi sono seppellita nei tuoi sogni. Nel tuo odore così vicino, incastrato nella mente. Nella tua pelle che si calma al tocco, nel tuo calore che esplode all'improvviso. Nell'angolo della tua bocca, che nessuna mazzata al mondo mi potrà togliere.

Se ci tieni a me, non rispondere.

Ho bisogno di te.

tirsdag 17. april 2012

Diaries of the unknown

Mi sono seduta in camera, stamattina. Non ce l'ho più fatta. Ho tirato le tende, chiuso la porta, e scartato l'involucro. Il pad del greyskin. Ci è voluto un caricatore di respiri per prendere il coraggio ed accenderlo.

Roger: Medicina.
Rotten: Ti sei bevuto il cervello. Di nuovo.
Roger: Potrebbe essere un medico, un giorno. O un avvocato, od un cazzo di capitano di una heavy cruiser. 
Rotten: Cosa, fare il Chief non è abbastanza?
Roger: Non puoi negarle una cosa del genere. Ti odierà, il giorno in cui capirà quello che le hai tolto.
Rotten: Mi odierà per altre cose.

Mio padre ha sempre sostenuto fermamente che insegnarmi a leggere sarebbe stata una perdita di tempo. Che c'erano altre battaglie da combattere, più importanti. Che quello che serviva, lo potevi capire dalle parole della gente. Nella mia adolescenza l'ho odiato, per questo. Pensavo fosse solo un altro dei suoi modi per tenermi in gabbia. Più tardi ho provato l'orgoglio dell'ignoranza. Infine, mi sono arresa alla curiosità. La cosa che Rotten ha dimenticato privandomi della scrittura, sono stati i codici. Quelli che Roger mi ha servito in ogni salsa, sempre.


Credo che la mia ignoranza mi abbia aiutata, oggi. Senza la muraglia di una lingua conosciuta, il senso dei codici può agire libero. Trovare le risposte, in modo istintivo. Confermare con i numeri. Confermare con quegli impulsi universali che uniscono ogni anima elettronica.

Ho trovato delle frequenze, qualcosa di simile ai nostri contatti cortex. Immagino fra quelle ci sia il vecchio con cui stava litigando. Magari è suo padre. Magari è anche lui un bastardo cinico ed alcolizzato. Se lo è, non lo ha dato a vedere, però. Era pallidino, più che altro.

Ho scavato ancora, fra gli 01010101. Ho scavato fino ad intravedere cose nuove. Non c'era molto, il pellegrigia deve essere uno di quelli ordinati. Uno di quelli che scaricano e resettano le informazioni ogni sera prima di lavarsi i denti. Come dovremmo fare noi con la Almost Home. Sul pad, c'era il suo diario. E quel giorno, il giorno dello scontro, il giorno della fronte spaccata di Brogan, le informazioni raccontano cose che fanno raggelare il sangue. La nave era in missione di caccia. Ed avevano un randez vous con la nave madre.

La nave madre dei greyskin.  Devo controllare il respiro, di nuovo. Caricatore dopo caricatore. Le file criptate mi segnalano che c'è un'ultima briciola, nascosta nell'angolo buio. Mi rivelano la rotta per la nave madre.

Sono stata parecchie ore a fissare il soffitto, immaginandomi la nave madre. Mi sono alzata, ho tirato fuori il cacciavite, ho smontato al pod fino all'ultima vite. Non ho mai visto nulla del genere. Le schede elettroniche, i circuiti, le batterie. Simili ai nostri. Nessuno è uguale. L'ho rimontato con calma, in silenzio ateo. Sono tornata a fissare il tetto. Appoggio i palmi delle mani sulle orecchie per assicurarmi che il cervello non schizzi fuori. Mi serve un pilota.

mandag 16. april 2012

The legend of the crazy

Sono davanti a me. Alti, sottili, bianchi. Sembrano i dannati angeli di una religione che non è mia. Mi volto. La fronte di Brogan, spaccata come un melone maturo è a pochi centimetri dalla cloche. Penso che morirò. Penso che questo è un incubo. Penso che le leggende sono per i pazzi.

Mi sveglio, ed ho lui accanto. Il braccio è legato alle costole, la spalla fermata dal tutore. Cerco di muoverla, ed una fitta mi attraversa l'esistenza. I ricordi volano per aria, come trascinati da un tornado. Penso ai fratelli Bolton. Penso al mio braccio destro, senza il quale la Weyland è una barzelletta. Non potrò fare niente. Immagino che dovesse succedere qualcosa starò a guardare, sparando a caso con la sinistra, colpendo piú amici che nemici.

Ero in viaggio per Safeport. Dopo aver passato parecchie ore a tormentare Brogan con le mie grane, mi ero anche arresa e me ne stavo buona buona. Poi, lo sconvolgimento delle leggi della fisica. Ero in viaggio per Sunset Tower, per illustrare a Carl la grande merda che è. Ero in viaggio per urargli in faccia. Per dirgli che se davvero sparisce per due settimane, Presta non ce la fa. Ero in viaggio per ammazzarlo, credo.

Brogan non respira più. Odora di ferro, di sangue. Brogan è andato. Penso che morirò. Penso che questo è un incubo. Penso che le leggende sono per pazzi.

La voce di Patchou rimbomba fra le pareti del pod di salvataggio. Si confonde con le sue parole, dopo. Greyskin? Pirati? Greyskin. Greyskin? Si confonde con il mio ignorarlo. Con il mio silenzio. La mia consapevolezza che è pazzia. Si confonde con la sua manovra pazza. Il pod che impatta contro le casse. Il male. Le immagini sfuocate, il buio.

Riapro gli occhi e sono dentro i suoi. Dentro la sua precisione tremante, mentre mi rimette a posto. Con una mano affondata contro le mie ossa, ed un'altra al fondo dei miei pensieri. Mentre conferma il fatto che sono un'idiota. Mentre mi perdo lentamente, e mi sembra che ricucia pezzi di sè sotto la mia pelle.

Il ragazzo giovane mi guarda. Non capisco cosa dica, non comprendo le loro parole. E' peggio del cinese. Provo a parlargli. Provo ad arrendermi. E poi il suo tocco, mentre mi fionda nel Pod. Mentre mi salva la vita. I Greyskin non lasciano nessuno, per raccontare dei loro incontri. O forse, quelli che lasciano sono come me. Pazzi.

E' una guerra, eppure non trovo più nemici nel suo sguardo. Mi smonta la corazza pezzo dopo pezzo, e mi racconta che sono leggera. Mi ha rubato tutti i macigni che avevo dentro. Li ha gettati al vento. E' una guerra, ma non me la lascia combattere, mi disarma prima. Mi solleva, e sento l'odore del suo collo vicino. Ringrazio il mio indice per non aver premuto il grilletto.

Sono passate parecchie ore. Intorno, solo il buio, a perdita d'occhio. Sto contemplando l'assenza di orizzonti, e per un istante sento la calma nelle mani, mentre mi punto la canna alla tempia. So che non c'é speranza. Non credo di resistere un'altro giorno così. La consapevolezza che ancora qualche ora, e poi finirà tutto. Non lo rivedrò più. Nemmeno i pazzi vivono per raccontare la leggenda.

Muto mi ha salvato la vita. Patchouli mi ha salvato la vita. Eleazar mi ha salvato la vita. Una manovra disperata, il pod che supera il portellone della Monkey come una dannata palla da Pyramid. E riapriamo gli occhi. Siamo ancora tutti vivi. La leggenda dei pazzi siamo noi.

Fisso i suoi occhi. Come se fossero stati scolpiti nella mia corteccia cerebrale. Non c'è niente di minaccioso. E' un tocco gentile, una spinta cauta, quella che mi salva la vita. Penso che forse non morirò. Penso che questo è un incubo. Penso che le leggende sono per pazzi.

Devo aver detto un sacco di stronzate, mentre Eleazar mi apriva la spalla, perchè oggi Patchou mi ha guardata in modo strano. Non ricordo bene. Credo che avesse a che fare con Roona. Sono sicura, del fatto che avesse a che fare con Roon. Avrebbe dovuto cucirmi la bocca, El, mentre c'era.

Un nuovo segreto. O forse solo una nuova cassaforte piena di incubi. Qualcosa che non ho il coraggio di rovesciare addosso a nessuno. Fisso Roon e mi sento affondare il cuore di qualche altro metro. Voglio seppellire tutti miei segreti sotto il suo sguardo. Le dico che parto per Safeport. Deve essere la soluzione migliore. Con la spalla ridotta così sono inservibile. E Carl sta levando le tende. Presta ha bisogno di me, nonostante se ne dimentichi ogni cinque minuti. Potrò passare le giornate a raccontarle dei Greyskin. Again, and again, and again. Senza che lei mi dia della pazza. Tempo che sollevi il pad per chiamare il dottore, e si sarà già dimenticata tutto.

Mi alzo piano, sta ancora dormendo. Penso ai frammenti di quello che è successo. E' dannatamente difficile rimettere tutto insieme. Sfioro il browncoat. Penso che le leggende sono per pazzi. E nella tasca, la mia mano sinistra trova un qualcosa di solido. Un pad, uno che non assomliga a niente di ciò che ho mai visto. Il pad del ragazzo dai capelli bianchi. Tutto torna, come una valanga paurosa. Ogni dettaglio. Ogni secondo, tutto cronologicamente ordinato. Stringo con più forza il pad. I greyskin mi hanno salvato la vita. Ed io so che è vero.

Rimetto il pad dov'era, nella tasca del mio coat sacro. Chi mi conosce non lo tocca. E chi non mi conosce, se ci dovesse provare, ci lascierebbe le dita.

Mi siedo accanto a lui, ai suoi occhi chiusi pieni di ciocche arruffate. Le scosto piano, cercando di sfiorare il suo mondo dei sogni. La realtà sta traballando, di brutto. La consapevolezza di cosa è vero e cosa no. Sento il suo respiro nelle dita. E' tutto ciò che serve.


fredag 13. april 2012

I go to the barn because I like the smell of hay

I gesti costano, tutti. Alcuni più di altri. Alcuni costano l'orgoglio. Altri solo uno spintone. Altri la certezza di aver trovato qualcuno con cui dividere il futuro. Spalla contro spalla. Qualcuno con cui spezzare la via in passi, uno alla volta. Qualcuno che ti dica cose importanti.

Comunque, non volevo dirtelo, ma.. insomma, Ritter. In nome di Dio, con quel naso.

torsdag 12. april 2012

The ice is getting thinner

Ho visto uno stormo, il primo ad attraversare il cielo di Oak Town questa primavera. Bestie alate che costruiscono statue nel cielo. Ho trattenuto il pugno. Chissà se se ne è mai preso uno in faccia. Chissà se è modificabile. Possibile che sia di marmo, possibile che finirei per sfracellarmi le nocche.



Non ho mai posseduto niente. Non ho mai avuto una casa, mia. Una patria, una persona. Niente per cui provare gelosia. A parte la mia sala macchine.  L'ultima volta che ho minacciato qualcuno in quel modo è stato dopo la morte di Rotten, nell'ultimo anno di guerra. Roger doveva aver visto lo stato in cui ero ridotta, perchè insisteva a mandare ragazzini di Sunset ad aiutarmi. Una volta, tornando da un momento d'assenza, ne trovai uno con le mani dentro le griglie. Non lo toccai, ma lo presi per il collo a parole. Lo schiaffeggiai a sillabe, menandolo senza toccarlo, in un modo tremendo. Potevo vedere il suo viso arrossare, i suoi polmoni svuotati, il suo soffocare lento. Era sbiancato. Dopo quello Roger ci rinunciò.



Eivor è esplosa. Non l'ho mai vista così. E' esplosa difendendomi, e mi ha fatto rotolare il cuore a terra. Non sapeva nulla, ma non ha esitato a buttarsi in battaglia al mio fianco. Vorrei trovare le parole, per lei. Ma sono i momenti come questi, quelli in cui siamo più vicine. Quelli di guerra, quelli in cui intravediamo il fantasma della morte dietro una nave nemica. Ora so perchè sento l'odore di casa, fra i suoi pezzi di essere magro ma stabile come l'acciaio. Casa è dove ti senti al sicuro. Con lei di fianco non ne dubito per un secondo. Sono al sicuro. 



Mi tremavano le ginocchia. Penso di aver fatto spostato qualcosa con la mente, nella confusione. Penso che Roger avesse ragione. Bisogna avere qualcosa di solido da prendere a pugni, perchè così ti senti meno impotente davanti alla realtà. Non sono riuscita, a prenderla a pugni. Come se fosse d'aria. Non sono riuscita a prenderla a pugni. E' stato per Roon. Il suo tocco sulla spalla. Il suo sguardo severo, la sua fermezza. Non è solo la mia coscienza, è la parte di me che mi racconta che io sono meglio di così, che sono superiore a questo. E' una scheggia della mia anima.

Ci siamo sedute dentro, il whisky fra le dita. Ho finito per ridere di me stessa. Cos'altro puoi fare?  Le azioni a un certo punto vanno collocate nella giusta sfera. Le metti in ordine, ci rifletti, le superi o le dimentichi. Priorità. Devi solo decidere se e per quali ne valga la pena. Devi decidere cosa è importante. Ogni volta che Quinn apre bocca ne escono nuovi tasselli che vanno dritti a costruire l'immagine completa del mondo nella mia testa. Che si tratti di libellule meccaniche o di saggezza Thomson. Deve essere ereditaria. Ho annuito. Again, cos'altro puoi fare? Ho stretto il mio bicchiere fra le mani, alzato le spalle, e posizionato le azioni nelle giuste sfere, come i pezzi dentro un meccanismo. Cos'è importante?

Evah Adams non è importante. (Aye. O almeno, mi piace ripetermelo.)

La causa è importante. Non posso farmi distrarre così. Devi scegliere le battaglie importanti, e questa non è una di quelle. La Almost Home è importante. Quello che facciamo è importante, perchè se non lo facciamo noi il 'Verse si arrende, e ciò che ci rende umani scomparirà un poco alla volta. Tutto il mondo si dovrà abituare alla puzza di merda, un giorno. Aye. Tutto il mondo dovrà aprire gli occhi. Loro sono importanti. Tre paia di occhi che mi guardano, senza giudizio, affondate fra le poltrone della casa. Che mi indicano la via con un cenno discreto del capo. Che mi danno una sberla quando mi serve, ed una pacca quando serve quello. Sono così importanti da farmi venire un po' paura. Lui è importante. Lui sveglia la rabbia, le sensazioni morbose che non ho mai provato. Lui unisce tutti i pezzetti dell'universo e me li attacca dentro, come nel più grande e blu dei mosaici. Smettila con le preoccupazioni, o dovrò comportarmi da cretino molto di più di quello che sto già facendo per convincerti che mi stai bruciando il cervello. Lui è quello che mi resta dentro per convincermi che la voglio vedere, la fine della guerra.

onsdag 11. april 2012

How to lose it, to the count of three

Ho perso le redini. Quando ci ha guardate, Jack e me, ed ha chiesto spiegazioni. Non è stata una menzogna intera, quella che ho intrecciato. Sam è un bravo ragazzo. Ti puoi fidare, di lui. Ti darà la sua versione dei fatti. E sicuramente, se dovesse trovarsi parola contro parola con una giacca blu non gli crederebbero. Non vuole che la prendiamo in giro, dice. Ho perso le redini, non perchè un cavallo imbizzarrito abbia dato uno strattone più forte del solito. Le mani mi si sono rammollite, i muscoli hanno lasciato la presa. Non riesco a farglielo. Non ci riesco, a prenderla in giro. Mi sembra di affondare dentro. Ma valutare le alternative è come cercare di rivendere un lazo usato. Andarmene? Raccontare tutto? Lascio le redini dietro, cavalco senza redini.

Ho perso le staffe. Vorrei potergli dare un premio, ma a quanto pare non ci vuole così tanto per mandarmi in fusione. Basta star seduto ad autocommiserarsi in un lungo monologo chiudendo fuori il resto. Culo di Chiodi, me. Credo che sia quella, la cosa che mi frustra di più. Non mi ascolta nemmeno. Non importa quante volte gli dica che è stato il nostro chief, che ora è il secondo, che mi fido di lui, che ho messo la mia vita nelle sue mani e che lo farei mille volte e che nessuno ha intenzione di contestare la sua posizione. Prende ogni dannata parola come una critica personale, e me la rigira addosso. Ho solo detto che dobbiamo farci vedere. Che dobbiamo dare qualcosa alla gente, perché se non combattiamo per la gente per chi cazzo combattiamo? Vorrei che smettesse di contorcersi la mente, che la finisse di tremare dentro. Vorrei che potesse trovare la forza di rispondere e basta, darmi un bel cazzotto, di sfogare tutto, così da finirla lì e ricominciare da dove avevamo lasciato. Vorrei non avere quel senso di colpa che mi pende addosso dopo. Quell'innata capacità di ferirlo, colpirlo- sembra mi venga particolarmente bene, sono un talento naturale. Spero la punizione al mercato della felicità non sia il taglio della lingua. Le staffe rimagono lì, a prendere polvere ormai miglia dietro di me.

Ho perso la sella. Non ho fatto domande, forse per la prima volta. Ho lasciato che mi regalasse chili di silenzio, ed un tremore morboso, ed il suo viso a pezzi. Ho lasciato che mi crollasse contro senza proteste. Ho aperto la mia stanza, ho spostato le luci dal fotomontaggio della Shepard sul cesso, e lasciato che affondassimo in un mare di gelatina dove non servono le spiegazioni. Forse è perchè lo sappiamo, che appena apriremo bocca i muri crolleranno. Le nostre voci sono onde d'urto. Mi prende lo stomaco in pugno con quattro parole, e mi sento morire. E volare. Ho perso la sella, sto cavalcando qualcosa di selvatico, senza restrizioni. Ho riposato il respiro vicino al suo volto, navigando nei fiumi sfuocati dei suoi occhi verdi. Bruciano, ogni volta. Mi nega ogni risposta. Mi incatena al momento. Non fa promesse, non ci allaccia al domani o all'orizzonte. Siamo in una bolla che rotola verso un infinito fermo nel tempo. Ho perso la sella. Resto aggrappata finchè posso, poi sarà il cavallo a perdere me.

mandag 9. april 2012

Heart manoeuvres

La felicità costa un sacco, e più sei felice più dopo paghi.

Quinn ha ragione. Mi preparo al salto, quello da campioni. E' la volta che o sbattiamo contro il muro e ci restiamo secchi, oppure che atterriamo. Con il cuore in mano. Siamo davanti ai banchi di un mercato infinito, aspettando che la felicità ci porti il conto. Lei ha pagato in anticipo e non compra più niente. Ma magari questa volta incappa nel mercante giusto, e poi potremo fare la felicità di Jimbo ricominciando le nostre corse con le puttanedaguerra. Io non ne ho idea. Mi sono riempita le tasche tutta una vita senza avere idea di cosa stessi facendo. Nemmeno lo sapevo, che la merce andasse pagata. Ora però ho fatto il colpo grosso. Credo di essere nei guai. Chissà cosa mi combinano, quando mi prendono. Mi taglieranno una mano, suppongo. Magari la si può ingannare. Se la vera felicità è l'illusione di non vedere una fine. L'illusione di non avere prezzo. Magari ci lasciano pagare da morte. 

Un passo alla volta.

lørdag 7. april 2012

A horse with no name

Questa è colpa dell'alcol, non è colpa mia, disse la donna che credeva nel fatto che gli uomini fossero responsabili per ogni singolo millimetro di universo. Un anno fa ero libera. Dormivo con la testa nella sabbia di Greenfield, cavalcavo Freak ed assaporavo il gusto all'aria del vento. Poi ho scelto diversamente, dopo notti fredde passate a farmi tormentare dalle bestemmie del fantasma di Roger. Mi urlava dietro che era da vigliacchi, far finta di non appartenere a questo mondo. A questo disastro. Che era patetico, pensare di non poter cambiare nulla. Io ho infilato il suo browncoat, troppo largo intorno alle spalle e dalle maniche troppo lunghe. Me lo arrotolo intorno alle mani e mi sembra che mi tenga ancora stretta nella sua morsa da pazzo.

Roger: Ricordati che qualunque cosa ti facciano, vale la pena sfogarci un pugno. Sapere che la realtà è solida e gli stronzi li puoi prendere a botte ti farà sempre sentire un po' meglio.
Eir: Non credo che valga per tutto. La realtà solida.
Roger: Questo lo puoi decidere solo tu.
(Si girano entrambi verso una Oldma dalle falle notevoli, ferita come un grande animale dalla guerra)
Eir: Non puoi pilotarla da solo, è una follia.
(Un attimo di silenzio. Il sorriso di Roger Monroe si deforma in modo strano. Sereno.)
Roger: ...Non vado lontano, non temere.


Abbiamo galoppato, ierisera. Con due anime in mezzo alle quali credo di essere me stessa. I due specchi dei miei mondi, il cervello libero e la coscienza. Le sorelle che non ho conosciuto, legata da tendini che non mi hanno mai attaccata a nessun'altra. I pezzi di cristallo che ho una dannata paura di urtare e spezzare. Almeno finchè non mi ricordo che non sono due pezzi di cristallo. Sono due diamanti puri, due rocce indistruttibili. Devono solo scoprirlo anche loro.

Roger: Eir
Zachary: Eir?
Roger: Eir.
Zachary: Sembra il nome di un revolver in saldo.
Roger: E' un nome antico, Rot.
Zachary: Se voglio un nome antico uso quello di mia nonna.
Roger: Non puoi odiarla fino a quel punto. E' solo una bambina.
Zachary: Secondo me finisce che ci manda tutto a puttane.
Roger: A puttane ci sei già andato da solo, senza che nessuno ti ci abbia mandato.
Zachary: Eh, vedi che ne è uscito.


Mi arrotolo il browncoat intorno ai pugni, e per quanto sia assurdo mi sembra di sentire il tuo abbraccio. Il tuo browncoat lasciato a prendere polvere in un buco a Cap City. L'angolo della tua bocca lasciato a prendere polvere ogni volta che non lo posso divorare. So quanto disprezzi quest'idea di violenza galoppante, di cambiamento, di teste montate per il miglioramento del 'Verse. Di fantasmi resuscitati solo per ammazzarli una seconda volta. So quanto odi le miglia nautiche di pensieri che ci separano. Lo so perchè le odio anche io. Potessi scegliere una cima sulla quale stare a godermi la caduta del sole questa sera, sceglierei quella che si è piegata ai tuoi piedi. Se dicessi che sei la mia bandiera, che faccio tutto per te mentirei. Non mento quando dico che ti amo. Non mento quando ti dico che voglio montare il mondo nuovo. Un mondo su cui arrampicarci insieme, per vedere l'orizzonte. Per scoprire che nemmeno quello è la fine.

Zachary: Cecilia Carter. (Voce dubbiosa)
Roger: Aye, Cecilia Carter.
Zachary: E smettila con quegli aye, non servono a niente. Sembri un professorino del cazzo lo stesso.
Roger: Sono, un professorino del cazzo.
Zachary: Sei il mio macchinista del cazzo, e perchè cazzo la devi chiamare Cecila Carter?
Roger: E la tua? Perchè la devi chiamare Oldma?
Zachary: In onore di mia nonna. Rispondi alla cazzo di domanda.
Roger: Ma se non sai nemmeno chi fosse tua madre.
Zachary: Rispondi alla cazzo di domanda.
Roger: C'era una barca, su Whitmon. La vedevo ogni giorno ancorata a Trenchbay, era stupenda. Mi immaginavo di rubarla e scappare.
Zachary: E di chiamarla Cecilia Carter. La cazzata più grande che abbia mai sentito. (Pausa. Lo sguardo lucido d'alcol si prende un po' di tempo per studiarlo). Perchè non l'hai fatto? Perchè non l'hai rubata?
Roger: Perchè i sogni non basta fotterli. Bisogna costruirli.

torsdag 5. april 2012

Shut your eyes and see

la sacca dei segreti è svuotata ho parlato con Jack questa notte alcol una bottiglia intera sembrava colare dal soffitto della realtà fino giù nelle nostre teste eppure non è quel bruciore è il terremoto sotto la consapevolezza che ora attacchiamo una nuova pagina bianca che ci lasciamo tutto dietro ma che abbiamo tutto davanti ci siamo guardate a lungo con il piombo fra gli occhi è come uno specchio solo più opaco forse più usurato è la fermezza di sapere quello che è giusto attraverso la peggiore delle tempeste è la mia ancora il mio punto stabile i nostri viaggi saranno pellegrinaggi di parole e noi continueremo a pregare a modo nostro con bombe e pallottole con sague e grida perchè tutto cambi continueremo finchè avremo un filo di respiro da regalare a questo fottuto 'Verse continueremo a mormorare frasi spezzate che portano molto più del loro peso continueremo ad onorare i morti con la loro saggezza ed a farci bruciare la mancanza di chi avrebbe meritato esserci continuiamo a stringere le mani senza toccarci davvero continuiamo a sfiorarci nella speranza di avere qualcosa di vero fra le dita gli ho parlato ma è difficile parlare prima di bruciare quella distanza è come un rito magico la parola d'ordine per la sua anima la chiave di tutti i misteri bruciamo le distanze in un attimo e per un attimo dimentico chi sono non sono più niente galleggiamo in un mare morbido senza sponde poi le parole cominciano a rifulire ci toccano come ragazzini che non sappiano cosa sia l'amore ci guardiamo a lungo e scambiamo respiri come ci si scambiano le carte migliori annego lì e non sono sicura di voler tornare a galla ma le parole sono appuntite e rischiano di far esplodere ogni tentativo di felicità gli chiedo aiuto mi chiede se lo sto usando lo sapevo lo sapevo è la prima linea di un conto troppo salato per me ma non ce la faccio non posso alzarmi e scappare senza pagare non questa volta gli dico che non è così che i confini non sono tanto definiti quanto crediamo l'alcol si mischia al sonno creando una cortina che ci avvolge lentamente le parole diventano confuse gli dico non importa ce la caveremo gli chiedo cosa è questo questo che abbiamo gli dico che non lo rischierei per nulla al mondo gli dico che lo amo è ora di chiudere gli occhi è ora di vedere davvero

mandag 2. april 2012

All the king's horses and all the king's men

Vattene.

Sono state le prime parole di Presta questa mattina. Per un secondo ho creduto che non mi riconoscesse. Poi ho capito, sapeva più che bene chi fossi. No, le ho detto. Resto almeno fino a quando Carl non muove il culo e viene a prendere il mio posto. Ha digrignato i denti e mi ha mandata affanculo. E' un inizio. Joe ed io ci siamo scolati una bottiglia mentre rimettevamo a posto la corazza della Shepard's Dream. Ora è sberluccicante e tutto quanto. Joe è un tipo a posto. Ha davvero uno zio nella Triade, tipo in alto nella Triade. Gli ho chiesto perchè non ci sta anche lui. Insomma, non vivrebbe un'esistenza tanto...misera. Lui ha ghignato ed ha detto di farmi i cazzi miei. Ho rispettato il suo punto di vista.

Sanno il mio nome. Il giorno in cui mi pianteranno una pallottola nella testa -perchè dovranno fare quello, per riuscire a portarmi via. Viva non ci riescono- non potrò nemmeno dirgli che non sapevo nulla. No, conosco le dimensioni esatte dell'oceano di merda che sto per affrontare con mia barchetta piena di falle. Ma non serve a niente. Nemmeno l'immagine del suo sguardo a pezzi -che ho disegnato più volte, per ricordarmela meglio- riesce a fermarmi le mani. Penso di essere affetta da un qualche complesso di ignoranza. Nel senso che guardo dall'altra volutamente, non me ne frega un cazzo. Mi impongo di ignorare. La guerra continua, e noi tiramo avanti. Stasera mi sono seduta nell'ufficio della fata smemorina con una bottiglia di bho e gli schemi di quel sistema SOS per accendere la miccia diretta a culo di Max. Mi sono serviti quattro dei tomi di Roger, che per fortuna sono più numeri che parole -e poi sono decorati con tutte le sue idiozie. Fantastico, ringrazio la bottiglia. E' fattibile, ma non dall'esterno. Dobbiamo essere sulla fottuta nave. Il che rende il fattibe pazzia. Devo tornare alla Almost Home. Dove cazzo è Carl.

[Aggiunta dopo,  con una penna diversa quasi vuota d'inchiostro ed una scrittura quasi illeggibile]

E' ora che io smetta di illudermi. Mi si presenterà al ranch, o nella sala macchine, ed in mano avrà il conto. Forse non oggi, o domani. Ma lo farà. Ci saranno tutte le domande. Lo considero la mia bolla di sapone, la mia fuga, la mia via d'uscita? Penso che lui ed il resto siano due universi separati? E' il mio segreto, lo sto usando? Perchè la guerra, se ho lui? Perchè non riesco a dirlo a Scott? A Culo di Chiodi? A Jack. Siamo sinceri, quello che temo non è essere appesa a testa in giù in sala macchine. Quello che temo è l'ombra di dubbio nel loro sguardo. Il loro sospetto che io sia una di "quelli". Quelli che non hanno le palle per arrivare fino in fondo. Quelli che quando si tratterà di scegliere fra lui e la causa avranno il fatale attimo di esitazione. Avrebbero ragione?

E' per questo che continuo a nasconderlo in fondo all'anima. Perchè inizio a temere che se se ne presentasse l'occasione, io metterei tutto in gioco per la mia puttana di Corona. Perchè devo aggiustare il 'Verse prima che qualcuno si accorga del fatto che mi si sta formando un nuovo sistema solare, dentro. Perchè il giorno in cui sarò costretta a rispondere a quella domanda, sarà finita. Ed io non voglio che sia finita.

Mai.