lørdag 22. desember 2012

lørdag 15. desember 2012

Pitch black

Sento il loro odore, avverto i loro movimenti. Gli occhi chiusi, tengo Cecilia contro il petto. Sento il suo respiro sul collo. Jack mi taglierebbe la testa, sapesse. Polly, Black, Ritter. Li sento. Appoggio la spalla contro la sua. Le palpebre sono di piombo. L'aria e' pesante, sporca della nostra paura. Non ho mai avuto cosi' tanto fottuta paura. Stringo il mauler. Lo stringo con tutte le forze che ho. Devo uscire. Non importa, non importa nulla. Loro devono restare al sicuro.

[...]

Riapro gli occhi di colpo. Non so quante ore siano passate. Ho la bocca impastata, e le braccia leggere. Cecilia e' fra le braccia di El. Strofino la fronte, come se insieme alle rughe della pelle potessi distendere le piaghe nella testa. Manca qualcuno. Lo sento ancora prima di aprire gli occhi. Poi gli spari. Il panico si accende come una miccia nella testa. Provo il fottuto irrimediabile bisogno di annegare tutto, fino all'ultimo neurone in una vasca di whisky. Ma il bisogno non dura oltre l'arrivo del panico. Mi butto contro El. Non ho bisogno di chiedere. "Polly". Mi si ferma il cuore. Non so se siano piu' forti la paura o la rabbia. Entrambi mi divorano la testa.

[...]

Scorro il cortex freneticamente. Polly mi ha lasciato il suo pad, ha preso il mio. Ha programmato tutto. Se lo hanno ammazzato e' colpa mia. Se e' morto e' colpa mia. Colpa mia. Colpa mia. Colpa mia.

[...]

E' vivo. Vivo. E catturato. Per l'ennesima volta. Non ho nemmeno fatto in tempo a sedermi con lui guardandoci negli occhi, ad impostare la rotta, che e' gia' di nuovo dentro. I bastardi sono ancora qui fuori. La voce di Molly e' rassicurante. Riapro gli occhi. La sagoma appannata di El e di Cecilia mi inetta un qualcosa di definitivo nelle vene. Sono tutto. Tutto cio' che mi impedisce di fare la piu' grande cazzata della mia vita.  Stringo il mauler. Prima di arrivare a loro, dovranno passare su ogni fottuto proiettile perforante che ho nel caricatore. E sul mio corpo freddo.

E' l'ultima volta che ci toccano. L'ultima.

søndag 9. desember 2012

Cause

[30 novembre 2514. M.V. Burning Hope. Outer Rim circle, tratta Z73-Secure-L87]

Cause the sweetest kiss I ever got is the one I've never tasted
 
La Wyoming percorre rapida la sua tratta, lasciandosi dietro parsec di dubbi, di esitazioni. Eir Sterling, sdraiata sul proprio coat nella sala macchine, è zuppa, trema, digrigna i denti, e trattiene qualsiasi forma di voce nel fondo della gola. Si aggrappa alla pelle del browncoat, fissa l'unico macchinista rimasto lì, Tanny. Che a sua volta le lancia occhiate preoccupate, mentre cerca di far procedere la nave al meglio, nonostante gli scossoni. La Burning Hope, per quanto il nome le faccia onore, non è munita di sickbay. La camerata passeggeri è infestata da una banda di rancheros di Greenfield in ritorno da Bullfinch. Giocano a carte, fumano. Ha optato per l'ambiente più familiare. Scolla le labbra a fatica. Sta succedendo, sta per succedere. Il volto si contrae nell'ennesima smorfia assurda, ad assecondare e rispecchiare le contrazioni nel ventre. Ingoia il panico. La certezza di non potercela fare. La voce roca esce raschiando la gola con l'accento stanco e sbronzo di Safeport.
"Acqua.."
Tanny fissa la sala, allarga le narici, guarda lei. Annuisce, si allontana di corsa. La lascia sola. Lei si tira indietro, cerca di portare su la testa. La appoggia al macchinario dietro di sè. Il deck di gravitazione artificiale. Lo sguardo già sfuocato dal dolore, fissa la porta che si chiude dietro Tanny. Respira. Respira. Respira. Fissa la serratura del portellone. La fissa con tutta se stessa. Tlac.

 Cause my heart's become a crooked hotel full of rumours
But it's I who pays the rent for these fingered-face out-of-tuners
and I make 16 solid half hour friendships every evening

Tanny non ha nemmeno fatto in tempo a raggiungere la cambusa, quando succede. I suoi piedi perdono il contatto con il pavimento. Ogni equilibrio viene sovvertito. Ogni legge fisica forzata addosso alla porzione di spazio incluso nella Wyoming viene annullata. La gente si solleva da terra, cerca di aggrapparsi a quel che può, cercadi trovare un punto stabile. Qualcuno urla, qualcuno sbatte di lato. Tanny è di Saint. Maledice tutti i suoi dèi, tirandoli uno dopo l'altro giù dal Valhalla.
"Figlia di puttana."

 Cause your queen of hearts who is half a stone
And likes to laugh alone is always threatening you with leaving  
Oh but they play those token games on Willy Thompson
And give a medal to replace the son of Mrs. Annie Johnson

Eir Sterling fissa il contatto di gravitazione tranciato. Il rumore dei motori diventa più soffice, la pressione sui propulsori viene alleviata. Stanno avendo problemi in plancia. Non che se ne renda razionalmente conto o vi pensi. La mente è vuota. Tira avanti ad istinto. Si forza attraverso il dolore, prende a mazzate la logica, cerca balsami per i nervi. Balsami di spine. Respira, respira, respira. L'aria sembra non bastare mai, il cuore batte ovunque, ovunque sotto la pelle bagnata. Respira, respira, respira mentre il corpo fradicio e pesante si solleva lentamente dal coat. Mentre ogni peso nella testa sfuma, mentre il 'Verse riprende possesso di ogni cosa, riempiendolo del suo silenzio buio, immenso e pacifico. Chiude gli occhi. Respira. Respira. Respira. E' una notte di maggio, ed i plotoni di lucciole hanno appena conquistato la loro terra, hanno circondato la casa. E' fra le lenzuola, e tiene la sua mano. C'è solo il verde in cui annegare, e ci sono parole continue. Andrà tutto bene. Andrà tutto bene. Respira respira respira. Riapre gli occhi, e nel silenzio la scena surreale degli attrezzi che galleggiano per la sala macchina vuota le donano una pace infinita. Il silenzio, i movimenti familiare. La libertà e la sicurezza concentrate nella mancanza di gravità. La wyoming non è più una lattina volante. E' una bolla di sapone. Questione di secondi. Il volto è di nuovo storto in una smorfia incredibile.
"Puttanedaguerra. PUTTANEDAGUERRA"

Cause they told me everybody's got to pay their dues
And I explained that I had overpaid them
So overdued I went to the company store
and the clerk there said that they had just been invaded
So I set sail in a teardrop and escaped beneath the doorsill

Da più di un'ora, Tanny sta smanettando con la serratura sbarrata della sala macchine. E' riuscito ad assicurarsi con una corda, e sta maledicendo la browncoat pazza di Safeport. Ha bussato fino a scorticarsi il pugno, a vuoto. Continua a lavorare, le mani sudate e mille maledizioni fra i denti. Poi, fra un colpo e l'altro, sopra il rumore soffice dei motori in standby, attraverso il metallo spesso, la rabbia e le imprecazioni, un rumore nuovo. Completamente nuovo. Sgrana gli occhi. Un verso minuscolo. Un grido infantile. Il primo. Lo sguardo sbarrato, riprende, per quanto le spallate non funzionino, senza gravità. Sta per staccarsi le dita per aprire la serratura, quando un discretissimo "tlac" annuncia l'apertura della porta. Che vola in avanti, aprendo agli occhi del macchinista una visione assurda. Eir Sterling, zuppa, imbrattata di sangue, il viso rosso ed imperlato di sudore, i capelli marci, è sospesa ad un metro da terra, gli occhi socchiusi, sfiancati. Ha fra le braccia la creatura più piccola che la Burning Hope abbia mai ospitato.

Cause the smell of her perfume echoes in my head still
Cause I see my people trying to drown the sun
In weekends of whiskey sours
Cause how many times can you wake up in this comic book and plant flowers?

lørdag 1. desember 2012

Crucify your mind

St. Andrew, novembre 2514

Eir Sterling li guarda allontanarsi dalle navi. Tutti. Le spalle di Red scompaiono oltre la coltre che si deposita placida sugli strati di neve del passato. Esce, sputando dalle labbra nuvole di vapore denso come la crema. Si arrampica sull'ala, appoggia la schiena contro il metallo familiare. La luna vibra sotto i fiocchi in caduta lenta. La neve copre tutto. Copre il sangue, le colpe, la crudeltà. Dietro di loro, il fumo, il fuoco, le urla. Davanti, Icewolf, e la gente ubriaca che festeggia la prima vittoria dall'Exodus Day a questa parte. Serra le labbra secche, livide, fredde. Le ciglia piene di neve, come ragnatele gelate. Le spalle tremano.

Tre anni. A tre anni Sterling era rannicchiata in un angolo della sala macchine dell'Oldma, intorno a pareti di metallo roventi, sicure. Vibravano, e quello era il rumore del 'Verse in movimento intorno a loro. I parsec di distanza dagli obiettivi. La felicità non era mai stato un obiettivo.

A tre anni, Eleazar Ritter vagava per i corridoi vuoti di una gabbia di cristallo, scorgendo bellezza in ogni riflesso, osservando il gelo nelle venature di marmo. Nessuna gabbia era mai stata così bella, così pura.

Bogart si arrampica sull'ala. In silenzio. Cinge una bottiglia di scotch che alleggerisce, sorso dopo sorso, ignorando le occhiate di astio fraterno di Eir. Le si siede accanto.
-Andata.
-Si.
Lei si stringe in un abbraccio indipendentista. Solo per se stessa. La neve si incastra fra i ricci ribelli.
-I bambini.
-Si.
-...
-Fottuti bambini viziati.
Gli occhi verdi, limpidi, scivolano di lato. Si rifiutano di consegnarsi.

Nove anni. A nove anni Eir Sterling sapeva che fra le griglie di contenimento ed i propulsori devono esserci ventiquatto centimetri, e tre tipi di sicura. Ognuno ha un modo diverso per essere attivato, e tre modi di disattivazione. A nove anni era pienamente conscia del fatto di essere una figlia di puttana, perchè suo padre, specie dopo una bottiglia di Saint's Blood, si premurava sempre di ricordarglielo.

A nove anni, Eleazar Ritter sapeva esattamente cosa fosse il gelo. Lo aveva osservato in ogni sua forma, lo aveva indossato, se lo era iniettato nelle vene, lo mangiava cautamente a cena, seduto ad una tavola troppo grande per poter osservare gli angoli della bocca di sua madre piegarsi in un sorriso livido, stanco, triste, pieno di fragole. Fragole.

Eir Sterling fissa il rum. Deglutisce.
-Lì c'erano il nuovo Morris. La nuova Shepard. Il nuovo Fyre. E' solo questione di anni, e di educazione. Meglio morti che bestie. Meglio morti, che assassini.
Assassini. Gli occhi verdi sono fissi in un punto imprecisato fra i fiocchi. Le spalle fremono più vistosamente. Quando Bogart tenta di poggiarle il braccio sulle spalle si sfila con un movimento ispido, aggressivo.
-Fuck off. Sto benissimo.

Dodici anni. A dodici anni, Eir Sterling sapeva che il Mauler può essere impostato su una modalità di fuoco automatico, o semiautomatico. Che i proiettili superano la carne e le ossa, ma che quelli perforanti riescono addirittura a trafiggere il metallo. Che dopo che smetti di respirare ed essere presente con la testa, non sei più nulla. Ed il nulla è una cosa dannatamente difficile da immaginare.

A dodici anni, Eleazar Ritter vagava per le aiuole infinite respirando aria filtrata, osservando i futuri di plastica che gli venivano presentati. Fuggiva nella soffita impalpabile attraverso una scala a pioli fatta di tasti di pianoforte. A dodici anni, Ritter non era nè un assassino, nè una bestia, e tantomeno un Corer. Solo un bambino.

Eir Sterling si alza, lasciando Bogart solo con il suo rum. Scende dalla nave, si stringe nel coat, si allontana sotto la luce della luna, sotto la neve, sopra la neve. Canta, a voce bassa, a voce roca. Il freddo soffoca ogni cosa. Ogni cosa.

A trentun anni, Eleazar Ritter è la persona che ama.
A trentatrè anni, Eir Sterling è la persona che deve perdonare, od ammazzare.


tirsdag 13. november 2012

War flashes - Don't look

28 Dicembre 2510, Hera

-Don't look.
Soffia Roger Monroe, dopo che hanno trascinato Eir Sterling calciante via dal corpo di suo padre.
-FIGLIDIPUTTANA!
 Lei non è in sè. La furia ha trasceso le membra. Non sono lacrime, sono urla. Non è rabbia, è dolore. Quello finale. Quello che provi nel momento in cui lo specchio dell'infanzia si infrange e tu ci ti tagli le dita. Perchè puoi vedere Tom Haynes cadere sotto i colpi e stringere le mascelle, ma quando è tuo padre a crollare in ginocchio tenendosi il pube sanguinante, la gola aperta da una cartuccia di sledgehammer, e nello sguardo la fierezza di chi non cederà al male fisico nemmeno nell'ultimo istante, il mondo esplode.
-Don't look! Ringhia Monroe, piazzandole una mano sugli occhi e tirandola via, mentre il corpo freddo di Zachary Sterling viene trascinato a bordo, mentre la Oldma a motori caldi si prepara al decollo più rapido della storia. Roger la trascina fino in sala macchine, e ve la sbatte dentro. Chiude la porta a chiave. Non c'è tempo per pensarci. Si allontana, gli occhi implosi di lucido, respirando a fatica, barcollando, mentre le urla si mischiano ai pugni sul metallo, ai rimbombi disperati.


29 Dicembre 2510, Outer-Rim safe route 225-PRS-101

Roger Monroe apre la porta della sala macchina. Il paesaggio è stato trasformato. Un paio di deck sono rovesciati. Una porzione di griglie è stata scassata a calci, ed è un pericolo serio per la sicurezza della nave. Eir Sterling è accovacciata in un angolo, le spalle tremanti, un mignolo spezzato, i lati delle mani scorticati. Nella destra stringe una bottiglia quasi vuota di scotch. Il suo alito è appesantito dall'alcol, lo sguardo è vacuo. Roger le si avvicina, le si siede accanto.
-Non lascerò mai che ti succeda nulla.
Eir ascolta. Un angolo della sua bocca si solleva appena.
-Adesso?
-Continuiamo a combattere.
-Fucking hell.
Si passa le mani fra i ricci, prendendo un lungo respiro.
-Nay. Io scendo a Safeport. So long.
Roger si sporge e le leva la bottglia di mano. Eir sforza un sorriso patetico.
-Scendo lo stesso.
-Ne riparleremo quando sarai abbastanza decente da essere sobria e rispettare la presenza del corpo di tuo padre nella cabina accanto.
-Lui avrebbe fatto lo stesso. Don't look, right?
-L'uomo che abbiamo portato via da Hera non era tuo padre. Era un corpo macellato dall'Alleanza.
-E la differenza, ora…?
-Adrian l'ha ripulito. Devi dirgli addio.
-Dubito che mi senta.
-…per te.
-Fottiti. Vai via.
-Eir..
-VIA!
Gli urla in faccia, i tratti del viso deformati dalla sbronza, dal dolore. Roger si alza. La fissa. Tira la bottiglia a terra, con un gesto così furioso da stonare completamente con la disperazione pacata che porta negli occhi. Gira sui tacchi. Esce. Briciole di vetro.


29 Dicembre 2510, Outer-Rim safe route 225-PRS-101

Roger Monroe apre la porta lentamente. La vecchia cabina di Zachary Sterling è stata svuotata, al centro di essa solo la branda allestita a letto mortuario. Eir è in piedi, la schiena poggiata contro la parete metallica. Gli occhi verdi, bruciati dalla sbornia e dall'insonnia, sono fissi sul volto freddo di suo padre.
-Forse stiamo sbagliando tutto.
Mormora lei, dopo un lungo istante di silenzio.
-Forse ha ragione il generale Witterman. La resa è l'unica.
Incalza. Roger scuote il capo lentamente.
-Se ti sentisse ti spaccherebbe il culo.
-Ma non mi sente. E' morto. E' morto perchè dei figli di puttana avevano il culo troppo largo per farsi bastare un pianeta. Checcazzo. Vogliono la nostra merda?
Gli occhi frugano oltre la nebulosa che nasconde Safeport alla vista.
-Che se la prendano. Che se la prendano tutta, la nostra merda.
-Eir.
-Si.
-Non c'è tempo per.. Dovremo lasciarlo a Hunter.
-Le fosse.
-Aye.
Le dita di Eir subiscono un tremito più convulso. Si scolla dal muro, si avvicina al corpo di suo padre, si ferma su di lui. Ne carezza la fronte fredda, lentamente. Gli occhi chiusi gli conferiscono quella sobrietà calma e pacifica che non gli ha mai visto addosso da vivo. Si china a sfiorarne il volto con il proprio. Nell'orecchio sussurra, inudibile a Roger
-Rialzati.


Rialzati.

Rialzati.

Rialzati.

Rialzati. Rialzati. Rialzati.

Ciò che abbiamo fatto ha l'incredibile potere di non abbandonarci mai.


[ Le promesse hanno cinque dita per mano ed un cuore che batte così forte da annullare l'idea di realtà.]

onsdag 7. november 2012

Five fingers make a hand

[Safeport, dicembre 2507]

Thomas, Sally, Ernest, Chang, Yala. Dan.

"Figli di puttana!" sbraitò Rotten Sterling, il volto paonazzo, ubriaco come una scimmia, le mani che tremavano. "Non voi" precisò, guardando Eir e Leo. "Non voi" ansimò, esasperato. Uno, due, tre... "Figli di puttana!" scoppiò di nuovo, sbattendo il pugno sul tavolo della cambusa. "Tre giorni fermi. Tre dannati giorni fermi per una cazzo di batteria!".
Faticava a respirare, come se la rabbia gli avesse otturato le vie respiratorie. Afferrò lo scotch e buttò giù quattro sorsi solidi. "Niente, vaffanculo. Voliamo fino a Maracay, parlerò io con il generale Stanley."
L'Oldma aveva ritardato la partenza di tre giorni, per aspettare che la Chatwin & co. consegnasse gli MKI necessari ad affrontare il fuoco nemico. Necessari alla sopravvivenza, per arrivare fino a Blackrock e consegnare i missili al quarto plotone. La Chatwin non aveva fornito spiegazioni, nè scuse per il ritardo. Semplicemente, la consegna delle batterie laser non era avvenuta, e dopo il mancato incontro al porto c'era stato il silenzio. Eir, Leo, Roger e gli altri si erano sorbiti uno Zachary "Rotten" Sterling sbraitante e sverso per tre giorni. Avevano provato a mandare gente a chiedere, avevano provato a stabilire un contatto con l'officina di produzione. Senza risultati. Il piano che ora il capitano dell'Oldma stava prospettando ai suoi uomini era quello di volare fino a Richleaf inermi, per mendicare munizioni. Eir saltó giù dalla panca su cui era stata accucciata in un tentativo di schivare le urla e s'avvicinò al padre. Lo fissò in silenzio per un un lungo istante, quindi scosse il capo, con una fermezza che non tradiva i suoi anni.
"Nay", mormorò semplicemente. "Schiatteremmo ancora prima d'aver attraversato la Nebulosa. Scendo a Howenhill. Sento cosa succede."
Non gli lasciò il tempo di replicare. Sgusciò fuori dalla cambusa inseguita da una nuova dose di urla.

Howenhill era la porzione di baraccate che, fuori Sunset Tower, circondava le fonderie e le industrie di Chatwin & co. Del co. era rimasto poco, Eliah Chatwin era un grande, ricco, potente bastardo con i piedi infangati di 'Rim e le mani impastate nelle politiche del Core. Una bomba alleata, una fra le prime a cadere su Safeport, aveva, qualche mese prima, distrutto mezzo quartiere ed un quarto delle fonderie. Ci erano volute settimane per recuperare i pezzi di morti. Affondando nel fango misto a sangue fino ai talloni, Eir percorse l'intera strada dal porto, impiegandoci più di due ore. Quando arrivò vicino allo Stallion, il saloon degli operai, la notte aveva affondato le unghie nell'intera Sunset. Dal locale, insolitamente affollato, provenivano schiamazzi, grida, risate. Musica. Non sentiva musica da settimane, dalla morte di Alan Gatwick. Le spalle spigolose e sottili avvolte nel browncoat, si fece strada fra gli operai, cercando di capire cosa stesse succedendo. La risposta le si aprì davanti agli occhi, inizialmente inspiegabile. Sei operai, uomini e donne, erano seduti intorno ad un tavolo. Stavano stilando una lista, incitati dai compagni che li circondavano. Lo sguardo di Eir scivolò sui loro volti, sulle loro figure. Thomas, Sally, Ernest, Chang, Yala. Dan. Fino a scoprire con orrore il dettaglio rivelatore: a Thomas mancava il pollice, a Sally l'indice, ad Ernest il medio, a Chang l'anulare, a Yala il mignolo. A Dan mancava l'intera mano destra. Tutte le perdite di arti o pezzi d'arto erano recenti, fasciate ed insanguinate. La bocca socchiusa e gli occhi pieni di terrore, Eir non capiva. Non capiva proprio.

"E tu che vuoi?!" Chang alzò la voce, fissandola. Si vedeva lontano un miglio che non era una di loro. Puzzava di chiuso e di lattina volante.
"S.. Sono qui per conto del capitano Sterling. Sono... Sono tre giorni che aspettiamo una consegna di batterie." Riuscì a sputare, con voce roca ed occhi che non stavano offrendo una spiegazione, ma facendo domande.
"Aaah." Comprese Yala. "Non sanno niente. Spiegagli, Thom, spiegagli che è successo"
Thom sorrise, bieco. E spiegò. Dopo il bombardamento, la Chatwin aveva introdotto un nuovo macchinario per velocizzare la produzione di MKI. Laquale produzione era un lavoro di meccanica di precisione. Dan Rowley, ventun anni appena compiuti, nato e creschiuto ad Howenhill, era stato il primo a sperimentarla. E ci aveva perso la mano destra. Il capo reparto aveva ricevuto la notizia, valutato le opzioni, considerato la situazione e risolto il tutto buttandolo in mezzo alla strada. Le iniziali proteste degli altri operai del settore non erano servite a nulla. Era stato così che, uno dopo l'altro, Thomas, Sally, Ernest, Chang, e Yala si erano presentati davanti al capo, un'accetta alla mano. Davanti ai suoi occhi, uno dopo l'altro, s'erano mozzati a vicenda ognuno un dito diverso, fino a lasciare a terra il corrispettivo di quanto perso da Dan. Negli occhi, la furia della disperazione, il mostro nero della guerra appostato sulla coscienza, la rabbia contro un'ombra ancora più grande e spaventosa: l'Alleanza. Dietro a loro, l'intero reparto era pronto a fare lo stesso. Furno rimandati a casa con la promessa di trattative. Al terzo giorno, la Chatwin & co. si era arresa. Avrebbero ripreso Dan, Yala, Chang, Ernest, Sally e Thomas, permettendo a tutti di lavorare per quanto sarebbe stato nelle loro capacità. Avrebbero permesso a tutti di continuare a montare armi micidiali che avrebbero difeso la loro terra, la loro porzione di 'Verse, il loro orgoglio, la loro dignità. Gli operai stavano firmando il contratto d'accordo sotto gli occhi di Eir. Lei restò immobile, ammutolita per un attimo eterno. Solo quando la coscienza di quanto sentito ebbe iniziato ad sprofondarle nella mente, annuì, scollando le labbra sconvolte. "Aspetteremo le batterie" assicurò.

Alla nave, Zachary Stering stava ancora imprecando come un ossesso, agitando la bottiglia ormai vuota di scotch. Fissò gli occhi furiosi sulla figlia, che rientrava pallida come un cencio, con una nuova luce negli occhi. "Aspettiamo le batterie" ripetè lei, come promesso. Non servirono spiegazioni. Il tono di voce aveva troncato sul nascere ogni protesta del capitano dell'Oldma. Era il tono di voce di chi aveva affondato le mani nella terra, fino a sfiorare le radici della rivolta, la ragione per cui erano in guerra.

Rialzati



[Sera, porto di Sunset Tower. Sala macchine della Almost Home]

Bogart apre lentamente la porta della sala macchine. Le luci sono spente, solo il lampeggiare dei macchinari attivi rivelano la figura di Eir Sterling, seduta vicino all'amaca, un grumo di respiri stanchi nel buio. Gli occhi del pilota si adattano lentamente alla mancanza di luce. Si avvicina di qualche passo, silenzioso. La meccanica ha la schiena e la nuca appoggiati contro il pilone di ferro, lo sguardo perso fra le ombre, il viso pallido rivolto verso il tetto metallico, la fronte sudata, le labbra frementi. Fra le mani, la weyland AP-7, che tiene per la canna. Le nocche sono sbucciate, sanguinanti. Poco lontano, a terra, è posata una bottiglia di whisky. Intatta. Gli occhi del nano si posano sulla pistola, allargandosi immediatamente. Solo il suo respiro spaventato attira l'attenzione di Eir, che sposta lo sguardo livido su di lui. Lo osserva, guarda la pistola, e di nuovo il fratellastro.
"Easy."
"Non fare puttanate."
Eir posa lentamente la pistola sul pavimento metallico, sospingendola verso di lui. Con un rumore stridente, la semiautomatica scivola lontano dalla sua portata. Alza le spalle.
"Contento?"
"Eir." Il tono di Bogart è stanco, preoccupato. Non ha il solito piglio stronzo. "Cosa stai facendo?"
Eir esita. Per un lungo istante non risponde. Continua ad ammirare la distruzione che ha seminato sulle proprie mani. Si stringe nelle spalle, ancora una volta.
"Come si addestrano le bestie."
Non piange. Gli occhi sono rossi di stanchezza, di provazione fisica a causa dell'astinenza. Lucidi per tutto il male che rischia di fare. Non piange. Bogart scuote il capo e le si avvicina. I suoi tratti schiacciati, ridotti, sono abituati a tirarsi come acciaio, in reazione a qualsiasi contatto umano. Non hanno mai parlato molto. Le si siede vicino, posando la mano sulla su quella della meccanica. Lei ha le dita più lunghe e peggio ridotte di quelle di lui. Le stringe piano, espirando, come se dovesse buttare fuori tutta la stanchezza, tutto il buio.
"Hai paura".
"Voglio farle vedere il 'Verse libero. Nasce dentro ad una prigione."
Bogart ascolta. Per un lungo istante non dice nulla.
"Jack dice che sono i tipi come me  e Scott che rimetteranno in piede il 'Verse, dopo."
Il sorriso amaro si staglia fra le labbra in modo qusi freddo.
"Scott è sparito. Io quanto durerò?"
Sfila la mano da sotto quella del pilota, e stringe le ginocchia contro il petto. Ci riusciva meglio prima, prima che il ventre sporgesse, minacciando di renderla una persona completa.
"Sterling."
Sospira lui.
"Avere un figlio è la più grande dimostrazione di fiducia che tu possa fare nei confronti di questo puttanaio di 'Verse."
Lei non risponde.
"Rialzati."
Si alza, e la lascia lì, nel buio, con i suoi grumi di paura ed il terrore di non essere abbastanza, di non fare abbastanza. Dopo qualche istante, torna indietro, ad osservala dalla porta socchiusa. Lentamente, Eir Sterling si rialza. Si avvicina alla consolle, riprende a lavorare.

søndag 4. november 2012

When I grow up



Un pod di emergenza viaggia a tutta velocità, quando ad un certo punto si schianta contro una voce. Scontro fatale, atterraggio d'emergenza. Luci rosse, phwaah. Lo sportello si apre, e ne esce Eir Sterling, tirata fuori per la collottola. Fumo e ricci in controluce e tutto quanto. Poco lontano, Patchouli e Quinn stanno bevendo birra. Hunt è sverso come uno yak. Bentornati su Greenfield.

When I grow up, I want to be a forester
Run through the moss on high heels
That's what I'll do, throwing out boomerang
Waiting for it to come back to me

Avrei dovuto saperlo. Patchouli ed io siamo sempre e solo stati buoni a bere e parlare di cose inafferrabili. Tipo l'amore, ed i leoni. Quando si tratta di sederci e fare affari, finiamo per non concludere niente. Un tempo pensavo che saremmo finiti sulla stessa firefly, a razziare le navi dei ricchi e cambiare il 'Verse. Credevo che avrebbe ripreso il coat. Poi ho iniziato a capire, lentamente. Rapisce gente, ruba, si vende come scorta, smercia droga. Ha chiuso, con la guerra. Quando la guerra ha chiuso con lui. Ha un equipaggio a cui pensare, ha una donna. Il juke box si sveglia, e canta solo per noi. Sorride nello stesso modo di prima, di allora, di sempre. Quand'è che siamo cresciuti così in fretta? Chiudo gli occhi, e rivedo la stiva della Kujitsu, il bourbon, Ryder, sento le risate. Man. Siamo solo bolle sfumate? E se siamo solo sapone scoppiato, perchè i suoi contorni ricordano ancora casa?

When I grow up, I want to live near the sea
Crab claws and bottles of rum
That's what i'll have staring at the seashell
Waiting for it to embrace me

La tenda è ancora lì. Persino dopo il tornado. Deve essersi fatta un volo e riatterra nello stesso esatto punto di prima. Non ne ho mai dubitato. Non ci dormo da secoli. C'è chi ha perso una moglie, ed una tenda, nel tornado della vita. Penso che se non ti ci sei aggrappato così forte da farti trascinare via con loro, non li meritavi. O magari hai scelto di restare a terra e vedere i brandelli del tuo cuore volteggiare per aria, fuori dalla tua portata. Solo quando raccogli i pezzi dopo, da terra, scopri che il peso che li ha schiantati dopo il vento è lo stesso che ti ha tenuto ancorato per anni. Dicono che l'aria di Greenfield possa guarire quasi tutto, e se non ha guarito me, forse la mia non era una malattia.

I put my soul in what I do
Last night I drew a funny man
with dark eyes and a hanging tongue
It goes way bad, I never liked a sad look
From someone who wants to be loved by you

L'infanzia dopo la guerra non è durata a lungo. Le fondamenta di una felicità fatta di bolle d'alcol e confessioni mute non sono esattamente solide. Arriva la consapevolezza che il futuro lo manovriamo noi, così come il più grande degli skyscrapers si pilota con una cloche adatta a mani umane. Arriva il dopo, arriva il poi. Il nostro è arrivato troppo in fretta. Quando eravamo grandi. A colpi di cuore più che a colpi di mente, camminiamo lungo i nostri sentieri, sapendo che non c'è ritorno. Il juke box si riprende, only you, only you, only you. Ci voltiamo, perchè siamo marchiate con lo stesso flaw apparentemente discreto. Apparteniamo alla vena di umanità che si volta sempre, quel filone di anime che conserva un segreto antico. E' attraverso quegli sguardi oltre la spalla che la storia continua, che la storia si fa passare fili a caso, annodandoli con crudeltà. Ma noi siamo anime amanti divise dalle scelte e non dal fato, sappiamo esattamente quanti crateri ogni nostro gesto e parola produca. E se le scelte sono le cellule che ci compongono, non l'abbiamo sempre saputo, che sarebbe finito tutto in un sogno atomico ad occhi aperti?


You've got cucumbers on your eyes
Too much time spent on nothing
waiting for a moment to arise
The face in the ceiling and arms too long
I wait for him to catch me

Waiting for you to embrace me

Pwssshhhh, lo sportello si richiude. Quella sta facendo finta di essere in un pod. Eir Sterling è accucciata al suo interno, posizione di emergenza. Ginocchia contro il petto, braccia a circondare le gambe. Fuori, il vuoto siderale. Vorrebbe salvarsi.

lørdag 3. november 2012

Dear Jack

Saresti fiera di noi.

Quasi. A parte i feriti nella sickbay, il buco nella legion e la stiva devastata. Credo che saresti fiera di noi. Abbiamo tratto in salvo Eric Rose. L'abbiamo fatto con mezzo equipaggio appeso fuori dalla Legion, e con Polly terrorizzato e fantastico ai comandi. Ma l'abbiamo fatto. John è stato perfetto, e Carsen pure. Hanno rischiato la vita, senza fare una dannata piega. Quando lo abbiamo salutato perchè raggiungesse Renshaw, Eric Rose aveva negli occhi la luce delle persone libere, ed il buio di chi si lascia la propria vita dietro. Per lui non c'è ritorno. Non finchè non avremo vinto.

Con Polly abbiamo anche deciso di coinvolgere Vasilye e Celsire nei Devils. Con me a terra, abbiamo bisogno di un meccanico che ci possa seguire ovunque e comunque. E di Vasilye non ho problemi a fidarmi. Sappiamo bene perchè. Il problema, è vedere se lei è pronta ad uccidere blues a sangue freddo. La soglia fra quello e ciò che fa adesso è sottile, ma affilata.

Roona si sposa con Tannher. Lo fa domenica. Non credo riuscirò ad essere su Greenfield in tempo, ma le porterò i tuoi saluti. Tanto non puoi farci nulla. A proposito di Greenfield, Polly ed io abbiamo deciso che è lì che starò, quando dovrò smontare dalla nave. La sola idea di non volare per quattro mesi mi dà la claustrofobia. Potrei darmi al giardinaggio, oppure imparare a cucinare.

Who am I kidding.

A parte questo, io sto bene. Ho contato dieci settimane ieri, vomito nel modo buono, prendo le pillole, dormo almeno cinque ore a notte, e Vasilye mi sta dietro come un dannato avvoltoio, quindi non c'è speranza che io tocchi un cicchetto prima del prossimo Ex Day. Polly non fuma più quando ci sono io, tranne quando abbiamo guasti alla macchina gravitazionale, perchè proprio non ce la fa a stare a Zero g. Ah, yeah. Abbiamo incontrato i Grays. Credo volessero offrirmi un posto sulla loro nave. Ma ho detto no, grazie. Non nella loro lingua, perchè parliamo lingue diverse. Ma ci siamo capiti, insomma. Loro devono proteggersi e nascondersi. Noi dobbiamo liberare la casa che abbiamo.

Casa ti aspetta, 'Cap.

A presto.




mandag 29. oktober 2012

My terrible friend

Si scrive sui fogli strappati quando la storia smette di scorrere sui binari. Quando il senso si sgretola, quando ti rendi conto che inizio e fine non sono che punti sparsi, che non c'è nessuna linea. Il corpo ha un inizio ed una fine, e la mente vaga come le peggiori polveri di Sunset Tower. Ama, perchè è il modo più rapido di espandersi. Ama fino a dissolverti. 

 Il sapore della guerra sulla punta della lingua, i morti, le ingiustizie, la polvere di Bullfinch, l'avidità, la sete di potere, tutto. Tutto si piega in ginocchio davanti alla capacità di accendere vite. L'amore raggrumato nel ventre. La luce che si accende negli occhi di un capitano che ha visto troppa morte. Il terrore che brucia come la più tremenda delle micce fra le labbra della tua anima gemella. Del tuo amico più terribile. Di chi prende il tuo cuore a pugni, prima di rimettertelo a posto.

Non c'è nulla di naturale nella dignità. La dignità è una parola che gli sconfitti usano per proteggersi quando dovrebbero continuare a lottare. E' una pretesa senza armi. La dignità è la prima cosa che si sgretola, quando è la vita stessa ad esploderci fra le dita. Il sorriso dei tuoi, la diffidenza che scivola via come una seconda pelle di vecchia data. Ti siedi sul ciglio della vita e guardi avanti. Tutte le linee si fanno più nette, più definite. Gli estremi diventano l'unico suolo concreto, l'unica via percorribile.

Le urla, contro El. La sensazione di perdere il 'Verse con una parola. Lo sguardo di Jack, il modo in cui scarta i confini, prende a calci la dignità,  ti stringe, ti fa capire cosa voglia dire "famiglia". Il modo in cui viene strappata alla propria famiglia per fare ciò che è giusto. Lo sguardo, di El. Quando inizia a versare il terrore con lacrime, invece che con urla. La fierezza placida con quale il tuo capitano ti dice che sei pronta. Che siete pronti. Lo sguardo di Polly, e la certezza che ci sarà sempre. La certezza che Jack si lascia una famiglia, dietro.

PUTTANEDAGUERRA.

Mi manca Quinn. Mi manca Roon. Mi immagino i loro volti. Chissà, se sapessero. Sanno. Sa.

Si scrive sui fogli strappati quando la storia smette di scorrere sui binari. Quando il senso si sgretola, quando ti rendi conto che inizio e fine non sono che punti sparsi, che non c'è nessuna linea. Il corpo ha un inizio ed una fine, e la mente vaga come le peggiori polveri di Sunset Tower. Ama, perchè è il modo più rapido di espandersi. Ama fino a dissolverti. 

E' l'alba. Ho lasciato il mio uomo nel nostro letto, addormentato. Mi sono sfilata al suo calore, alla sua pelle. Ne ho assaggiato le labbra, perchè sanno del sonno  pulito, senza sogni nè incubi. Perchè sa della concretezza della realtà. Sa di noi.

E' l'alba. Raggiungo la stiva. Ogni dannato spigolo dentro tutta la nave è stato ricoperto di gommapiuma. Jack ha appena fatto in tempo a buttare le sue quattro cose in sacca. La guardo allontanarsi, appoggiata al catwalk. Ne guardo le spalle che si caricano il 'Verse addosso, mattina dopo mattina, senza fare una piega. Assaporo quell'illusione pallida, quella sensazione vaga che ho provato a tratti durante le ultime settimane. La speranza che fosse pronta per il dopo. Che avesse deciso di non fermarsi all'ultimo giorno di guerra. Ne incontro gli occhi. Ma non c'è più nulla da aggiungere. Sappiamo esattamente cosa succederà.

Andrà tutto bene.

søndag 9. september 2012

Take it with me

Mi manca il modo in cui dissacri ogni biciola di te stesso in un sacrificio alla ricerca infinita di una verità impassibile, implacabile, cruda e spietata. Mi mancano le tracce di fuoco, i vuoti d'ossigeno che mi lasci dentro ogni volta che mi guardi. Mi manca quella fermezza con cui so che dopo ogni dubbio, dopo ogni guerra, sconfitta e vittoria tu sei il porto in cui attraccare. Tu sei casa. Mi manca il modo in cui alle tue ossa non c'è attaccato che lo stretto necessario, perchè il resto lo bruci in pensieri, lotte, sogni che giocano d'azzardo con la realtà. Mi manca passare l'indice sulla tua pelle, sul tuo collo perfetto, e sentire il mio cuore suonare la battaglia contro il tuo senza bisogno d'una parola.

Sono a cinque giorni di cammino da Haliport. Li ho camminati tutti, con Presta. Presta non e' che un grumo di ricordi, la polvere di se stessa. Presta non c'è più, El. Non ce l'ha fatta, non ha visto la fine della guerra. Non e' andata in pace.

Mi manca il modo in cui mi tocchi, i movimenti con cui mi smonti abilmente. Sono passati mesi dall'ultima volta in cui ho divorato le tue labbra. Fossi qui ora non farei altro. Baciarti fino a dissolvere il 'Verse.

Risalgo il sentiero di pietra verso Moonrock lentamente, mentre le ombre della sera mi rincorrono le caviglie. Presta finisce dove è iniziata, e io mi accorgo del fatto che la fine di qualcuno non è che una tappa lungo il percorso per altri. Ti ritrovo in ogni mio passo. Il sole annega fra i massi ed io inizio a vedere le luci del paese.

Non so quando tornerò. Alla riapertura del ponte sul Flyfisher's river. Alla riapertura del mio cuore. Alla riapertura del resto della nostra vita. Tornerò a casa, allora. Tornerò da te.

torsdag 6. september 2012

It's not dark yet


Shadows are falling and I’ve been here all day
It’s too hot to sleep, time is running away
Feel like my soul has turned into steel
I’ve still got the scars that the sun didn’t heal
There’s not even room enough to be anywhere
It’s not dark yet, but it’s getting there

Ho visto tanta gente morire. La mia generazione ha visto tanta gente morire. La guerra ci ha privato presto di quel tipo di innocenza. Quel vedere la vita che s'arresta davanti ai propri occhi e scoprire che il filo rosso ha una fine. Quell'esperienza rara, devastante, illuminante. Quell'accorgersi che ci aggrappiamo ai ricordi come se fossero fantasmi ed ai fantasmi come se fossero persone vive. Quell'accorgersi che il nostro cuore è troppo appiccicoso per lasciar andare qualsiasi cosa, che siamo troppo grandi dentro e troppo piccoli fuori, che i nostri confini ci hanno spolpati, che l'orizzonte non è che un'illusione. Una striscia di sabbia nel deserto.

Well, my sense of humanity has gone down the drain
Behind every beautiful thing there’s been some kind of pain
She wrote me a letter and she wrote it so kind
She put down in writing what was in her mind
I just don’t see why I should even care
It’s not dark yet, but it’s getting there

Una cosa accomuna le morti a cui ho assistito. Raramente la vittima s'aspettava di vedere la fine. Anche nella peggiore delle situazioni, negli istanti più pericolosi qualcosa dentro di noi continua a gridare che andrà tutto bene, che la salvezza è dietro l'angolo ed è scontata quando la nostra esistenza. Ho visto quella voce suadente ed ingannevole venire interrotta negli occhi di mio padre tre anni fa. Ho visto il dubbio, la sorpresa e la certezza accavallarsi nel suo ultimo battito di ciglia nell'arco di secondi. Ho visto la fine inattesa, brutale. L'ho vista e rivista. Anni ed anni di sangue, sapore metallico, odore di zolfo, odore di fuoco, odore di fine. Presta lo sapeva, che non sarebbe andata bene. Aveva visto la fine arrivare da lontano. Miles and miles away.

Well, I’ve been to London and I’ve been to gay Paree
I’ve followed the river and I got to the sea
I’ve been down on the bottom of a world full of lies
I ain’t looking for nothing in anyone’s eyes
Sometimes my burden seems more than I can bear
It’s not dark yet, but it’s getting there

Siamo in silenzio, abbiamo smesso di parlare da tempo. Solo noi due, nella stanza. Solo noi due. Ad un tratto mi guarda. Il suo respiro accelera, eppure non sembra preoccupata, o spaventata. Per un attimo ho l'impressione che non stia guardando me, o dentro di me, ma semplicemente attraverso me. Ho l'impressione di non essere più sola con lei. Poi capisco. Non vede più me. Nella stanza non ci siamo più solo noi. Ci sono Zach, Roger, Carl, Joe, Maryann del Rey a Jackmark con il figlio sottobraccio, Mr Ballantin che l'ha fregata mille volte. C'è tutta la sua vita. In un'occhiata, in un battito di coscienza, in un attimo di presenza. In un lungo respiro. C'è tutta la sua vita. Poi non c'è più.

I was born here and I’ll die here against my will
I know it looks like I’m moving, but I’m standing still
Every nerve in my body is so vacant and numb
I can’t even remember what it was I came here to get away from
Don’t even hear a murmur of a prayer
It’s not dark yet, but it’s getting there

torsdag 23. august 2012

The heart of life

I hate to see you cry
Lying there in that position
There's things you need to hear
So turn off your tears and listen

I giorni scorrono fra le dita con la stessa liquidità vellutata dell'Hudson River. Il cuore è la sabbia sul fondo, sbriciolato dai colpi, dimenticato. Ogni tanto lo caplesto, giusto per sentirlo sotto le piante dei piedi. Ho dimenticato la sua voce, El. Ho dimenticato la voce di Presta. Le danno due settimane. Ho avuto mesi, ed ora i giorni si raggrumano contro il collo della clessidra e vengono risucchiati dal vortice accelerato della paura. Ho paura perchè fino ad ora è stata un fantasma presente. Un'ombra, una continuazione pacifica di un passato buio, appiccicoso. Il giorno in cui sparirà, porterà via un intero mondo con sè. Tutti i miei ricordi. Tutti i nostri piani. Non sono pronta.

Mi addestro alla perdita. Lascio il ranch. Non ce la faccio più. I viaggi strattonati, il senso di colpa, le bugie. Non ce la faccio più. Non posso più mentire a Roon. Roon che mi salva con ogni sguardo, che mi raddrizza, che mi trattiene. Roon che con il mio pugno fra le mani soffoca la violenza e mi apre gli occhi. Il ranch non ha più bisogno di me. Roon non ha più bisogno di me, non nello stesso modo. Dovresti vederla. La ragazzina stanca, ferita di qualche mese fa è scomparsa dai suoi occhi. C'è qualcosa di nuovo. Qualcosa di forte, di sicuro. Eterno. Non ha solo trovato l'amore. E' qualcosa di più. Ha trovato la via di casa. Si è lasciata dietro la paura. Mi dico che ci sarò, per lei. Che non la lascerò, che avremo per sempre quello che abbiamo avuto. La realtà è che tutto ciò che siamo è costruito su fondamenta marce. Omissioni, silenzi, bugie, segreti. Ci siamo perse quel primo istante. Quella prima volta in cui ho taciuto per proteggerla. E la volta dopo, e la volta dopo ancora. Voglio sbagliarmi. Voglio che la sincerità non sia un prerequisitio per il raggiungimento del cuore delle persone, per un amore puro, limpido. Voglio rinchiudere i mostri in una cella sotto il pavimento del mio cervello.

Avrei potuo scendere dalla Almost Home per sempre, dice Quinn. Scegliere la vita. La mente dietro le sbarre, non è vita. Alla fine, quando starò lottando contro il collo della mia clessidra - e lotterò, fino alla fine, tu lo sai- voglio farlo con la consapevolezza di aver dato tutto. Fatto tutto. Giusto e sbagliato si fondono. Ragione ed errore non sono che linee tracciate a matita, bombardate da gocce di pioggia. Abbiamo perso la nostra umanità tanto tempo fa, El. L'abbiamo persa quando abbiamo iniziato a pensare.

Ho perso Quinn. L'ho persa per sempre. Le ho dato tutto, ma non la vita. Le nostre parole affollano la mia testa si aggrovigliano, si scontrano con le ossa, con la corteccia. Finiscono per dissolversi. Non hanno più importanza. Avevamo un mondo di cose non dette, pensieri bui, paure, speranze. Erano al sicuro nelle cassaforti delle nostre menti. Li contrabbandavamo fra sguardi e mezze parole, sorrisi accennati e gesti invisibili. Sono stati al sicuro finchè non ci siamo scassinate a vicenda. Le nostre anime sono colate addosso alla realtà, si sono solidificate. I nostri mondi si sono allontanati alla velocità della luce. La ragnatela intrecciata dei nostri silenzi è stata strattonata fino alla fine. Fino allo strappo. Ricopro la metà aperta della mia testa con sale e sabbia. Non la guardo. Ho paura di scoprire che non c'è più nulla che valga la pena di salvare. Ho paura di scoprire che una scelta può chiudere le porte di un universo. Che più gli anni passano, più pezzi di noi ci lasciamo dietro. Dietro ogni porta chiusa, dietro ogni mondo a cui abbiamo rinunciato. Pezzo dopo pezzo le nostre scelte ci smantellano, fino ridurci al nulla.

Ti aspetto, El. Ti aspetto sempre, ti aspetterò sempre. Ho le mie radici affondate dentro noi. Sei l'ultima porta. L'ultima porta prima del nulla.

Pain throws your heart to the ground
Love turns the whole thing around

No, it won't all go the way it should
But I know the heart of life is good 


mandag 13. august 2012

My solid ghost

Ti prenderà un colpo, quando tornerai. Ho tappezzato la cabina di tutte le lettere che non sono riuscita a mandarti. La mia, cabina. Ti prenderà un colpo. Non sono cambiata. Sono sempre meno alta di te, ma più di Quinn. Mangio a volte, mi ricordo sempre di bere.

L'inverno è finito, El. E' durato una primavera ed un'estate. Eravamo al covo, su Safeport. Jack ed io abbiamo parlato tutta la notte. Delle nostre infinite battaglie, della nostra guerra senza fine. Del coraggio, della morte. Del passato che ci rincorre e si aggrappa alle nostre caviglie. Dei passi falsi, e di tutto ciò che è vero. Mi sono seppellita di lavoro, ho passato ore ed ore nella sala macchine. Per settimane non ho visto altro che i volti di Polly e Jack. Stare con loro mi fa bene. Mi fa sentire a casa. Polly ha uno strano modo di sorreggere le mie torri di fiammiferi. Di spiegarmi che non è mai tutto perso. Mai.

Ho passato così tanto tempo sulla Almost Home da deludere Roona. L'ho lasciata sola, ho preteso troppo dal tempo. Non c'è tempo, non ce n'è mai abbastanza. Quando ce ne sarà abbastanza per noi? Ci ho parlato, con Roona. Ho capito cose di lei che mi fanno venire voglia di prendere il 'Verse a schiaffi fino a calmarne le urla. C'è sempre stata, Roon. Quando ero sbronza e mi leccavo le ferite della guerra contro di te, e quando da sobria avevo una pallottola vera conficcata nella schiena. C'è sempre stata. E' ora che ci sia anche io. L'ho capito lentamente. Mi ci è voluto il massacro della lontananza e quello della mancanza, per capirlo. C'è una luce strana, nei suoi occhi. Qualcosa di nuovo. L'ho notato oltre alla nostra coltre di problemi. C'è qualcosa di nuovo.

Sono sotto la quercia con Quinn. Se ne va di nuovo. Non so cosa ci sta succedendo. A volte mi sembra di perdere il filo della storia. Di non capire più cosa sia vero e cosa no. A volte immagino che tutte le scelte che ho fatto siano solo un sogno, e che al risveglio starò ancora galleggiando nel limbo della pura e limpida incertezza. Decido di difendere la nostra terra, perdo Quinn. Decido di difendere la nostra terra a modo nostro, perdo Quinn. Decido di seguire Jack, perdo Quinn. Scelgo Jack, perdo Quinn. E' strano, allora, che una mattina, per la prima volta da quando ci siamo conosciute, mi sveglio prima di lei - siamo sotto la quercia- apro gli occhi e la fisso, e non mi sembra cambiato assolutamente nulla.Sento ancora la sua presenza nella mia testa, sento ancora la sua vicinanza come un qualcosa di irrinunciabile, indistruttibile. Impermeabile alla pioggia degli eventi, del tempo, dei disastri. Ma le nostre anime sono fosse di ferro. Temo il tempo della ruggine.

Sono stata nella tua stanza. Montezuma mi guardava male, mentre rimettevo tutte le tue cose negli scatoloni. Libro dopo libro. Le lettere. I fogli sparsi, i nostri respiri. Mi sono portata via tutto, persino i graffi. Prima di richiudermi la porta dietro, ho fissato per qualche istante il tuo letto. Ci sono tornata, mi ci sono seduta. Una molla partita qua e là. Il cigolìo lieve, familiare. Le lenzuola ancora impregnate del tuo odore. Ho portato via anche quelle. Ora sono seduta nella cabina, Montezuma continua a fissarmi con aria confusa. Mi sembra di specchiarmi nei suoi occhi. Non so cosa dirgli. Mi sono quietata, mi sono abituata alla tua assenza allo stesso modo in cui si familiarizza con i buchi lasciati dai dispersi. Sempre con quella punta di speranza crudele, tragica. So che tornerai. Lo so perchè me lo hai promesso. E ci sono poche cose in cui creda, in questo 'Verse. Tu sei una di quelle. Mi sono abituata alla presenza del tuo fantasma solido. Ogni tanto mi sembra di vederti, un'ombra più spessa nel buio. A volte mi sembra di vederti, mentre ti volti lentamente verso di me, fra le lenzuola del mio letto, e mi sussuri che mi ami. C'è stato un tempo in cui pensavo che non l'avresti mai detto. Poi mi sfiori le labbra con le tue. E restiamo lì, in silenzio.

lørdag 21. juli 2012

After the storm

Quello che portiamo in petto non è un cancro enorme. Nonostante tutto il male. Nonostante tutte le ferite, gli sbagli, le grida, gli inceppi, i malfunzionamenti il nero, i tuoni, i colpi. Nonostante tutto. E' un cuore.

Sento le gambe cedere, le ginocchia sciogliersi. La sensazione di essere arrivata con millenni di ritardo. Di essere stata a milioni di parsec dal giusto. Per millenni. Il suo sguardo sbriciolato. Il suo corpo che cede contro il mio, sfinito. Il respiro strozzato. La rabbia che brucia in gola, fra i denti. La sua forza spezzata ma lo sguardo che ferisce con lo stesso orgoglio, con lo stesso desiderio di sempre. Raccogliere ogni briciola di ciò che ho portato dietro e dentro e la spargerla ai suoi piedi. Richiudere la porta della macchina e lasciarci il mondo alle spalle. Il silenzio, mentre fuori i cuori meccanici di un 'Verse inarrestabile scuotono la terra implacabili.

Chiudo la porta dell'appartamento. Una pazzia antica, una disperazione d'annata è incrostata sulle pareti. Non lascerò che accada di nuovo, che succeda ancora. Lo guardo addormentarsi, crollare dentro ad un modo muto, privo di pulsazioni. Un sonno senza sogni, senza incubi, un sonno esausto. Resto sdraiata vicino a lui per un giorno ed una notte, il viso nel suo collo, in attesa della sinapsi del risveglio. Ci spingiamo dentro una spirale di distruzione, passo dopo passo, a denti stretti. Ad ogni giro provo una sensazione nuova, più forte, legata ad ogni suo nervo, ad ogni suo movimento. Si sveglia, e vedo il mondo scrollarsi della sua montagna di polvere e piume. Un universo nuovo spalanca le ali e ci inghiotte.

Il tempo perde significato, importanza, non riesce più a definire i nostri movimenti, a scandire i nostri pensieri. Restiamo a fissarci in silenzio nella più completa e pacifica e stupida gratitudine. A staccare pezzi di noi stessi a morsi, a smembrarci a vicenda. A raccontarci leggende personali, miti privati, a crearne di nuovi. A mangiare cose immangiabili. A immaginare pietra, acqua, cielo, tutti attaccati al soffitto. A scalare una ad una le ferite invisibili. A raccogliere la rabbia in tazze dal bordo rovinato disponendole in file sui davanzali. A urlare. A urlare insieme, fino a svuotare i polmoni e l'anima. Ad affondare uno dentro l'altra, in ogni realtà possibile. A scoprire che nulla importa, quando il respiro è incastrato fra le sue labbra.

Una nuova alba si apre sul nostro catalogo di assenza di ore, giorni, minuti, millenni. Schiudiamo gli occhi, fra le membra il torpore di chi s'accorge che ci stiamo spingendo verso la realtà. Perchè più stai bene, più hai bisogno del dolore vero. Quella sensazione di incompletezza che ti spinge a continuare a lottare, quello schiaffo di verità che ti muove verso ciò in cui credi.

Le mani fra i pannelli ed i cavi, sento la voce di Red raccontarmi che non è cambiato nulla. Che la guerra continua, spalla contro spalla con chi sa quello che sai tu: ce la faremo. Le mani fra le spie e le matrici, sento la voce di Jack. E la voce di Jack non è più l'inverno. Avverto un tepore improvviso, il metallo dimentica la sua freddezza. Mi fermo. Guardo le mie mani, piene di calli, tagli, macchie. Guardo la sua ferita, il suo braccio. La luce nei suoi occhi che muta come la prateria muta sotto il movimento incostante delle nuvole. Ci guardiamo, mentre svuotiamo pezzi minuscoli di quello che siamo nell'aria, e li osserviamo volarci contro e poi lontano nella notte dei canyon di Safeport. Mentre ritroviamo la strada di casa. E casa non si trova in questa era. Guardiamo avanti.

Scendo in città, verso l'officina. Aspetto che dormano tutti. Che anche l'ultima luce sia spenta. Non ho voglia di discutere con Joe. Mi infilo nel corrioio buio, lo percorro fino alla sua porta. Conosco bene queste pareti, le ho sfiorate, ci ho sbattuto contro una volta di troppo. Apro la porta, lei è nel letto. Ha gli occhi chiusi. Faccio un passo avanti. Ha la faccia più scavata, la pelle più stanca. Sento l'anima accartocciarsi dentro, la gola bruciare, faccio fatica a respirare. Resto così per una manciata di minuti che sembrano eterni. Poi, un passo indietro. Sto per voltarle le spalle quando apre gli occhi. Li apre di scatto, e mi fissa. E' come se stesse fissando il muro, o una statua, o il nulla. Mi fissa, e non mi vede. Chiudo gli occhi. Magari la realtà si dà una mossa e scompare. Non ce la faccio a riaprirli. Mi volto, esco, chiudo la porta. A occhi chiusi. Recupero le mie cose come una ladra. Devo uscire, devo respirare. Cammino per le strade di Safeport come l'ultimo dei disperati, per ore. Poi mi arrampico sul cornicione della torre del porto. Quello su cui ho conosciuto Jim. Quello dove è un po' cominciato tutto. E il sole appare d'improvviso, accendendo le nuvole violacee. L'alba di Sunset Tower è uno spettacolo a cui pochi danno credito. Lo fisso fino a bruciarmi gli occhi. Concedo a me stessa di essere una vigliacca, oggi. Di rallentare, e di pensare al sorriso che mi solleva anima e corpo con un tocco. Mi chiudo nella mia bolla, rimando la realtà a domani.  La mia mente affonda dentro di lui.

And there will come a time, you'll see, with no more tears.
And love will not break your heart, but dismiss your fears.
Get over your hill and see what you find there,
With grace in your heart and flowers in your hair.



Quello che portiamo in petto non è un cancro enorme. Nonostante tutto il male. Nonostante tutte le ferite, gli sbagli, le grida, gli inceppi, i malfunzionamenti il nero, i tuoni, i colpi. Nonostante tutto. E' un cuore.

onsdag 4. juli 2012

Up to me


Everything went from bad to worse, money never changed a thing
Death kept followin’, trackin’ us down, at least I heard your bluebird sing

Now somebody’s got to show their hand, time is an enemy
I know you’re long gone, I guess it must be up to me

Schiudo gli occhi. Piano, perchè il mondo non mi rovini addosso al cervello, come una grande torre di mattoncini a cui siano state sottratte le fondamenta. Vedo John. Il suo volto pallido. I sassi al posto dei fiori. Il suo respiro pieno di sangue, fiaccato. Vedo Boyd, a tre centimetri dalla morte. Il rumore della bestia che si agita nelle viscere della Almost Home. La bestia che si agita nelle nostre vene. Vedo l'inizio della fine.

If I’d thought about it I never would’ve done it, I guess I would’ve let it slide
If I’d lived my life by what others were thinkin’, the heart inside me would’ve died
I was just too stubborn to ever be governed by enforced insanity
Someone had to reach for the risin’ star, I guess it was up to me

Sono solo numeri. 010101010101. Solo numeri, ad annunciare la fine della corsa. Numeri disposti in un codice micidiale. Parole. Parole, parole. Le sue parole. Io... andrò da qualche parte. Il carcere per me è un'opzione impraticabile. Sai bene perchè. Ci vediamo. Ti amo. Ti amo. Sono le sue ultime parole. Ti amo. Da qualche parte. Il carcere. Vivo o morto. Ti amo. Le ruote del Thor che sgommano sulla sterrata. Ore di guida. Ore di guida, ed il rumore della sconfitta arriva per aria. Fra le pale di un elicottero.

Oh, the Union Central is pullin’ out and the orchids are in bloom
I’ve only got me one good shirt left and it smells of stale perfume
In fourteen months I’ve only smiled once and I didn’t do it consciously
Somebody’s got to find your trail, I guess it must be up to me

Manca il respiro. La portiera che si apre e si richiude, i passi, la rincorsa. Ferma lì. L'eco di una raffica. Viene dalle stalle. Lo so perchè nonostante le trentasette ore di veglia ed il setacciamento della nave con il mauler in mano, so esattamente dove mi trovo. Gioco in casa. Gioco in casa finchè non sento il rumore della raffica. La mente cancella tutto ciò che ho alle spalle. Ma sbaglia, e si applica sul piano dei sogni. In quello reale, i muscoli delle gambe si contraggono, iniziano la corsa. In quello reale, Arkan McCorvin preme sul grilletto.

It was like a revelation when you betrayed me with your touch
I’d just about convinced myself that nothin’ had changed that much
The old Rounder in the iron mask slipped me the master key
Somebody had to unlock your heart, he said it was up to me

Il fiato spezzato, il sapore del sangue, della polvere. I muscoli come gelatina. Cerco di continuare, cerco di non fermarmi. Il corpo non risponde. Passi, passi vicino alla testa. Scuse. La sua voce che mi si insinua nella testa, pronta a farla scoppiare. Sono pronta a fargli saltare la testa. Non trovo il dannato grilletto. Passi. Passi, l'odore di Roona. I rumori si confondono, arrivano macchine. Arrivano uomini. C'è Polly. Polly c'è sempre, quando sono schiantata in fondo ad un burrone, incastrata fra le rocce, a mostrare il mio lato peggiore al 'Verse. Lui non c'è. Non c'è, non c'è. Lotto con le palpebre in discesa, lotto con la mia testa. La mia testa vuole spegnersi. Lui non c'è. Un altro sparo. Il buio.

Well, I watched you slowly disappear down into the officers’ club
I would’ve followed you in the door but I didn’t have a ticket stub
So I waited all night ’til the break of day, hopin’ one of us could get free
When the dawn came over the river bridge, I knew it was up to me

Mi sveglio a tratti, siamo nella base. Siamo, io e Roon. Ne distinguo appena i tratti del volto, al buio. Sembra che qualcuno le abbia infilzato un coltello nelle viscere. Suda, è pallida. Mi stringe la mano con la propria, tremante. Sussulta quando gliela stringo, quasi tentasse di soffocare un gemito. Sento la voragine dentro, l'ospite di piombo annidato nelle viscere. Nelle flebo hanno infilato porzioni generose di analgesico. Mi schiarisco la voce imbrattata di disperazione. Richiedo che mi lascino andare, perchè non voglio le porche mani di uno di loro a frugarmi nelle budella.

Oh, the only decent thing I did when I worked as a postal clerk
Was to haul your picture down off the wall near the cage where I used to work
Was I a fool or not to try to protect your identity?
You looked a little burned out, my friend, I thought it might be up to me

Ilias arriva. In faccia ha i segni di una veglia troppo prolungata, addosso il sangue dei miei compagni. Non parla, schiocca la lingua con la ferocia di una giovane fiera. Impartisce ordini come se fosse il generale in carica, e mi infila dentro il Thor. Guida come un porco. Mi fa inghiottire litri di bile, mentre gli analgesici si dissolvono nel sangue come la neve a primavera. Mi scongelo, ed il dolore sotto è bruciante. Ilias guida come un porco, e mi porta in salvo.

Well, I met somebody face to face and I had to remove my hat
She’s everything I need and love but I can’t be swayed by that
It frightens me, the awful truth of how sweet life can be
But she ain’t a-gonna make me move, I guess it must be up to me

E' estate, ad Oak Town. E' estate quando aprono il Thor, e Darren ed Ilias mi portano verso l'infermeria. Vedere Darren mi restituisce quella sensazione strana, scomoda. Quella del sogno. Quella di uno spazio confinato tra percezione e desiderio in cui ammassi tutti coloro che hai conosciuto nel corso della tua vita, ad ondate. Eppure questo sogno è seminato di buchi neri, di assenza ingiustificate. Continuo a ripetere il suo nome. Continuo a ricevere silenzio. Ilias scopre i denti. E' vivo. Non riconosco nemmeno la sagoma dei miei pensieri.

We heard the Sermon on the Mount and I knew it was too complex
It didn’t amount to anything more than what the broken glass reflects
When you bite off more than you can chew you pay the penalty
Somebody’s got to tell the tale, I guess it must be up to me

Mi sembrano passati trilioni di anni dall'ultima volta che ho visto Patchou. Che gli ho parlato, che ho pensato di spezzargli le gambe, che ho progettato un mondo migliore su un'impalcatura di parole, con lui. Sono passati anni luce, ed all'improvviso è lì, a carezzarmi la fronte, a tenermi il fianco. Un battito di ciglia, ed è lì anche Quinn. Ad annaffiare la garza di alcol. Nessun anestesista. Basta lo scotch? Yes. Basta lo scotch. Il corpo reagisce in automatico, è fuori controllo. Tremo, scalcio. Odio ogni nervo. Fruga con una pinza, trova il piombo. Metallo contro metallo. Il mondo esplode.

Well, Dupree came in pimpin’ tonight to the Thunderbird Café
Crystal wanted to talk to him, I had to look the other way
Well, I just can’t rest without you, love, I need your company
But you ain’t a-gonna cross the line, I guess it must be up to me

Restiamo Vergil, Quinn ed io. Non so dove sia finito Ilias. So che il lenzuolo che mi avvolge si modella sul mio corpo, che Quinn e Vergil si allontanano, fino ad essere all'altro capo di un sentiero corto, dritto, disegnato da lucciole. So che si voltano verso di me, stanno sorridendo. Nascondono qualcosa fra le mani. Chiudo gli occhi, sento scoppiare il cuore. So perfettamente cosa sta succedendo. Quando li riapro, fra di loro c'è Eleazar. Davanti a Jack. Inizio a camminare. Si volta verso di me, come se mi stesse aspettando da una vita. Indossa il suo sorriso. Gli angoli della sua bocca. Poi si fa buio.

There’s a note left in the bottle, you can give it to Estelle
She’s the one you been wond’rin’ about, but there’s really nothin’ much to tell
We both heard voices for a while, now the rest is history
Somebody’s got to cry some tears, I guess it must be up to me


Schiudo gli occhi. Piano, perchè il mondo non mi rovini addosso al cervello, come una grande torre di mattoncini a cui siano state sottratte le fondamenta. Sono in infermeria, e l'infermeria è vuota. Almeno finchè non entrano Jack e Quinn. Parliamo di scorpioni. Tento di dichiarare guerra al 'Verse, ma mi accontento di constatare in comune che deve essere vivo. Parliamo di batterie e di elettricità, e di Arkan McCorvin. Riesce addirittura a rubarmi un attimo di piombo dai polmoni. Quinn divide il suo pezzo di pensiero con me. Me lo lascia come spuntino notturno, sguscia via. Sa. Jack mi fissa. Mi lascio calpestare dalla sua durezza come ci si sbuccia le ginocchia sul sentiero preferito. Quello per il quale non smetterai mai di arrampicarti, nemmeno dopo aver perso tutta la pelle ed essere arrivati all'osso. E' un inverno caldo, dai continui cambi di vento. Un inverno incazzato, nella cui bufera inizio a sentirmi al sicuro.

So go on, boys, and play your hands, life is a pantomime
The ringleaders from the county seat say you don’t have all that much time
And the girl with me behind the shades, she ain’t my property
One of us has got to hit the road, I guess it must be up to me

Faccio per congedarmi dal mondo quando è Zoya, a comparire sulla porta. Mi prometto di risparmiarmi il cuore, questa volta, mentre tento di finire la bottiglia che Ilias ha stappato in onore dell'operazione. Mentre tento di soffocare ogni lucida presa sul mondo. Se non so distinguere fra sogno e realtà sarò meno colpevole, per non essere già partita. Mi si siede accanto. Mi colpisce con una franchezza improbabile, con una schiettezza gentile. Tenta di sfiorarmi, ignara della sottigliezza del ghiaccio che calpesta. Le crollo sotto, le crollo contro. La colpisco, e in quel colpo non c'è solo la forza ridicola di un paziente sbronzo. C'è tutto. Non so più dove nascondere la faccia. Lei si volta dall'altra. Le strappo una mezza promessa, prima di staccare la spina. La sento, mentre si accascia contro il letto, accanto a me. Sento il cuore che salta un colpo e che si stringe in un moto definitivo. Poi c'è il buio.

And if we never meet again, baby, remember me
How my lone guitar played sweet for you that old-time melody
And the harmonica around my neck, I blew it for you, free
No one else could play that tune, you know it was up to me


Sono sul sentiero di lucciole. E lui è lì, al fondo della mia via. Mi sta aspettando da una vita. Mi ha attesa attraverso un sogno tremendo. Sognavo di un elicottero, dei soldati, una sparatoria. Sognavo di svegliarmi e non trovarlo. Non sapere se fosse vivo o morto. Mi ha attesa, mi sono svegliata. Faccio il primo passo. L'angolo della sua bocca si alza. Le lucciole dondolano in una brezza tiepida, che colpisce in modo buffo la stoffa del vestito bianco. Si infila fra i suoi capelli, li scompiglia. Mi scompliglia il cuore con lo stesso gesto. L'angolo della sua bocca, su cui finire i giorni.

lørdag 30. juni 2012

Get lucky

Non saranno le sbarre a spezzarti. Non sarà l'astinenza a spezzarti. Non sará la mancanza, a spezzarti. Non la paura, non il freddo, la fame, il vuoto, l'infinito nero dello spazio.

HELL IS OTHER PEOPLE

Cerco di pensare ai nostri discorso diluiti nell'alcol. Cerco di pensare al momento in cui mi salva la vita, prendendomi a bordo della Almost Home. A quando s'indurisce come il cemento, e dà ordini come se non ci fosse un domani, per salvare l'unico domani possibile. Cerco di pensare a quando ho deciso che la mia vita non avrebbe potuto andare altrimenti. L'unica cosa che vedo è il suo sguardo ferito. La vena bruciante di sufficienza rabbiosa, tradita. Silente. Mentre mi supera, mentre si allontana. Mentre inaugura l'inverno a maggio.
M'avevano rassicurato, in passato, che gli anni avrebbero tolto innocenza e regalato spietatezza. Non capivo, non ho capito finchè non ho lasciato l'ingenuità rotolare a terra come un sacchetto di biglie aperto. Non la vedevo, la spietatezza, nello sguardo di mio padre. Nello sguardo di Zachary. Di Presta. Del comandante Richardson. Solo dopo, anni dopo, ho compreso che non è visibile. Ciò che molti si aspettano di vedere sul volto di una persona che ha attraversato l'inferno a piedi nudi è insicurezza, paura. La spietatezza ha un altro aspetto. E' gentile, discreta. E' il freddo che ti cinge il cuore con calma rassicurante. Che ti illude di poter soffocare ogni emozione. Ogni. Singola. Emozione. E che te ne convince. Giorno dopo giorno. Non è spietatezza, la mia. Ora lo so. Me lo sono dimostrato, colpo dopo colpo. Insulto dopo insulto. Non masticherò l'orgoglio e non lo inghiottirò. Non potrò mai mandare il cuore in apnea così a lungo. Morirò prima. Jack non avrebbe mai potuto soffocare il cuore così a lungo. Jack non ci sta più. Ma questo è il nostro giorno fortunato.

Guardo Polly, nella gabbia di fronte alla mia. Guardo lui e vedo il casino in cui l'ho trascinato. Eppure non si lamenta, non insulta, non protesta nemmeno. Dice che sarebbe finita comunque così. Mi chiedo se è vero, se è semplicemente quello che abbiamo sempre saputo. Che stanno venendo a prenderci, che c'è un McCorvin sulla via per il nostro Saloon. Eppure restiamo. Restiamo, e nessuno se la dà a gambe. E' orgoglio stupido? Coraggio idiota? O è ciò che farà aprire gli occhi a questo dannato posto? Guardo Polly, scambiamo battute idiote. Dice che Jack è sollevata per il fatto che sia lì. Il mio angelo custode apprezzatore di tette. La mia spalla su cui crollare, sversa o dietro le sbarre. E' il mio giorno fortunato.

Non mangio. So già che uscirebbe tutto tanto veloce quanto è entrato. Vomito saliva, mi contorco nella mia astinenza. Non fosse per lo zaleplon di Ilias avrei preso il muro a testate fino a spaccarmi la fronte. Ho bisogno di bere, ho bisogno di lui. Non è solo il bisogno di crollargli accanto e parlare. Svuotare tutte le idee annodate, tirarle fuori tutte insieme per forza perchè da sole non esistono. E' un bisogno fisico pungente, così doloroso da mozzare il fiato. Ho bisogno della sua pelle appiccicata alla mia, ho bisogno del suo possesso disegnato a sguardi strattonati, voraci, gelosi. Ho bisogno dell'angolo della sua bocca, perchè senza il 'Verse è fuori asse. Non vederlo, non sapere nemmeno se sia in vita, mi riempie il cuore e lo stomaco di grumi neri appiccicosi e pesanti. Vomito tutto. Vomito grumi neri, mi vomito lo stomaco. Mi vomito anche il cuore. E' il mio giorno fortunato.

Le voci si confondono. Il sonnifero si impadronisce di grandi fette di mente, di grandi fette di ricordi. Lo sguardo dolorante di Roona. Le dita di Pike a pochi pollici dal vetro blindato. La preoccupazione livida di culo di Chiodi. Gli occhi di Quinn, che slittano sul sentiero delle mie sconfitte. Quelle dentro. Eppure le parole di John mi restano limpidamente incastonate nella mente. Le pietre sulla tomba. Non c'erano più fiori, dopo la guerra. Erano stati rasi al suolo assieme alle persone. Mi guardo le nocche, o quel che ne resta. A volte bisogna crivellare una corazza di colpi fino a polverizzarla, per ricordarsi del cuore pulsante che vi si nascondeva sotto. Il cuore pulsante su cui ho marciato senza pietà. Su cui la guerra ha marciato senza pietà. Guardo John, nemmeno vent'anni ed una pistola alzata contro gli alleati per difendere il suo capitano. La guerra ha ridotto il nostro 'Verse in un cumulo di macerie celebrative. E noi ci consumiamo pascolando fra i resti, vedendo noi stessi come eroi. Dobbiamo vivere di luce propria, finchè la polvere non si abbasserà e ci lascerà rivedere il sole. Un ragazzino diventa un guerriero. Un meccanico diventa un costruttore di futuri. Un capitano diventa il messia. E' il nostro giorno fortunato.

Siamo persone che si sono rese la rivoluzione facile. Il nostro senso di colpa riesce a mimetizzarsi sulla parete del cervello, indossando le spoglie più singolari. Rabbia, vendetta, odio. Il senso di colpa per aver fallito, ad ogni colpo. Dal primo grande colpo. Vedo Zoya uscire dalla stanza, ne sbrano la sensibilità solo per abbassare le tapparelle del silenzio sulla stanza. Poi parliamo. Parliamo del messia con un mauler alzato nella destra. Hanno bisogno di vederci vincere. Parliamo della nostra guerra. Della fine dei compromessi.

Ha lasciato il ranch. Ha lasciato i compromessi a me. Lei ha chiuso. Non so che faccia indossare, ora, non so attraverso quali occhi guardare Roon. E' come se lo avessi potuto sentire, il suo cuore. Scricchiolante sotto i colpi sparati al saloon. Mentre vede le pareti crollare e l'odio insinuarsi ovunque. Mentre vede l'odio che ha sempre abitato le anime farsi visibile. La rabbia risalire i corpi e tornare a galla. Non conosco le dimensioni del buio che porta dentro. Ma inizio a vederlo, mentre cola dalle sue labbra serrate. Invisibile, bruciante. Invisibile come i segreti che Quinn ed io abbiamo palleggiato di fronte a lei per mesi. Per proteggerla. Mi viene da ridere, ora. Cosa cazzo credevamo. Il giorno in cui saprà, le cadrà il cuore quattro piedi sotto terra. Ecco come l'avrò protetta. Scavando la fossa per le nostre menzogne. Scavando una fossa tanto profonda da assicurare il suicidio della fiducia. Il suicidio di tutto ciò che abbiamo avuto. Eppure non posso lasciarla in pasto alla verità. Non ancora. Non con il buio colante, non con il suo sguardo stanco. Non quando si sottrae al tocco, e se ne va. Da sola. Resto. La costruzione può solo iniziare dove ha stretto radici nella terra. E' il mio giorno fortunato.

Invento balle quotidianamente, e poi ci bevo su. Con Quinn non mi sono nemmeno dovuta sforzare. Torna a Gào Shi. Non sarà su St. Andrew. Mi indica la tenda. Vestiti puliti. Whisky, silenzio. La fine della prigionia inizia superato il confine dentro. Lei ha sempre le chiavi giuste in mano. Si spoglia e cerca di lavarsi di dosso i miei misfatti. Minaccia più che apertamente, ma le minacce funzioneranno solo il giorno in cui potrà cavalcare un cavallo meccanico volante. Mentre cerca di sfilarmi le radici da sotto i piedi e piantarle in tutta sicurezza fra quelle della Quercia Nera, io chiedo della prossima nave per Hall point. Mi guarda in modo strano. Non da moglie tradita. Come se all'improvviso si trovasse su un'altra isola. Non ci sfioramo, ma è come se avessimo passato millenni abbracciate, dopo che mi ha tirata fuori dal postaccio infernale. Mi chiedo cosa farò quando i manichini capiranno che è in grando di intendere e camminare, e la rapiranno per sempre. Mi chiedo cosa farò ora, mente le placche che abbiamo sotto i piedi slittano e ci trascinano ognuna sui suoi binari, squarciando la crosta, sfiorando la prima casella del domino che scatenerà il terremoto al piano di sotto. Mi chiedo cosa farò quando l'avrò delusa troppo. Mi chiedo dove sia il limite, a che punto il suo cuore si rifiuterà di continuare a partecipare al nostro gioco assurdo. Ci siamo addormentate vicine. Nel silenzio, ho sentito ogni sua parola. Sostanzialmente, TIENITI LONTANA DAI CASINI. Io non posso. Non posso. Noi siamo nel saloon, e McCorvin sta arrivando. E' il mio giorno fortunato.

E' atterrato da parecchie ore, ma non ne ho ancora visto l'ombra. Sta parlando con Jack. Divido una bottiglia di vodka con Demidov, lo vedo addirittura sorridere. Scambio un paio di insulti con Ilias, mentre Polly si accorda con Sharpe riguardo rotte per St. Andrew. Sentire il metallo familiare della Almost Home contro la nuca, con l'alcol in circolo a calmare le grida più stridule del corpo, mi rilassa. Eppure non placa. Come se la sua vicinanza rendesse i grumi dentro più densi, più pesanti. Frammenti di piombo che lentamente scivolano attraverso la parete dello stomaco, il pavimento dell'anima, che schiantano tutto un corpo in lotta a terra. Scrivo, risponde, alla furia più cieca bastano due parole. So esattamente cosa succederà. So esattamente cosa succederà quando mi lascio la Almost Home alle spalle, barcollando. Quando percorro il sentiero buio tentando di riassorbire tutto lo spettro emozionale che ho lasciato in custodia alla signora in giacca blu insieme ai miei effetti personali. Una sola parola, e l'ha riacceso tutto. So esattamente cosa succederà, tempo di asciugare gli occhi, mentre divoro gli scalini a due a due. Il ritmo cardiaco devia, si immette su binari propri. Scoppierebbe, a dover sopportare le leggi della fisica di questo pianeta. Di questa realtà. Spalanco la porta. Gli insulti non fanno in tempo a scontrarsi e scoppiare come bolle di sapone che stiamo già lottando a morsi sulla stessa tavoletta di ossigeno. Chiudo la porta, lasciando fuori il 'Verse. Sono i cuori, ora, a scandire il passaggio del tempo. Giuro. Siamo nella nostra macchina del tempo personale, a giocare con lancette di nervi. Giuro. Bastano i suoi occhi a ricordarmi che nelle vene sto contrabbandando cherosene. Giuro. Che l'incendio divorerà tutto, fino all'ultima briciola di esistito.

E' il mio giorno fortunato.




onsdag 13. juni 2012

Whatever gets you through

Lo sguardo deciso di Jack. I muscoli che lottano con la cintura per saltare su e gridare victoria. Gli occhi di Culo di Chiodi, la sua sigaretta, il panino di Polly. La consapevolezza di avercela fatta. Io, e noi. Sopra tutto. Sopra i nervi ancora tesi, il cuore che corre come un rinoceronte impazzito dentro il petto, sopra il sudore sulla fronte e nelle mani, sopra la paura di perdere, di mandare ancora una volta tutto a puttane. Sopra il terrore di aver perso Jack e Red. Si, ci credo. Ci credo, che noi riprendiamo la guerra dove loro l'hanno lasciata. L'alba di domani ha un colore diverso. Rosso sangue esploso nel buio del 'Verse. Reinshaw poterà a termine la missione, e noi potremo stare sul fronte, a ricacciarli da dove sono venuti. Perchè questa volta, non ci sarà grotta, scusa, rifugio o Dio che tenga. Questa volta si va fino in fondo.

 'ttanedaguerra, domani mattina mi ritrovano con la testa nel cesso.

mandag 11. juni 2012

A real human being

Ci scartavetriamo l'anima. Grattiamo, scaviamo fino ad esaurire le unghie e poi le dita. Nella sua stanza, in una lenta danza di luci, nell'apertura inesorabile dell'aria della foresta. Nel momento in cui i suoi demoni riescono a forzare le mascelle serrate e le labbra incollate. Nel momento in cui l'alba ci accarezza la pelle. Quando affonda dentro di me, e si chiude la porta dietro le spalle e stacca la spina.

Le sue costole si incrinano sotto i miei polpastrelli, sotto il peso della mia impotenza. Non mi guarda. Mi incatena al suo mondo freddo, asettico. Mette la sua vita nelle mie mani con una calma agghiacciante. La fialetta arancione. Sul braccio o nel collo. Meglio nel collo, se te la senti. Sento le impalcature crollare, dentro. Se un giorno o l'altro dovesse succedere. Mi addestra al disastro. Mi ammaestra al nulla. Fatico a respirare. L'ossigeno mi si raggruma dentro, senza capire dove andare. Avvicina l'hypospray al braccio ed io lo stringo, mi aggrappo alla sua mente, cerco di tenerlo a terra con me. Ma lui è una forza inarrestabile, una fortezza d'elio. Non si ferma. La sua spalla è così vicina, muoio dalla voglia di seppellirci gli occhi ed il sale. Mi costringo a guardare, mentre si inietta la dose giornaliera di morte. Mi costringo a guardare, mentre rinuncia spassionatamente al persempre. Mentre inizia a trascinare le reti verso riva, catturando la nostra fine. Con la determinazione cauta di un pescatore, non con la furia decisa di un cacciatore. Si accascia contro di me e, semplicemente, ci accompagna verso l'inevitabile.

Presta ha iniziato a salire in soffitta. Ogni giorno, portando giù nuovi mucchi d'immondizia che chiama ricordi. Joe non ne può più. La settimana scorsa si è presentata in laboratorio con una grande cassa con su il nome di Roger. Gliela porti? Sono stanca di fargli da magazziniere. Sono stata a fissare la cassa per quattro ore, senza muovere un singolo muscolo. Come se i miei tendini fossero fatti dello stesso adesivo che stringeva l'apertura di cartone. Alla quinta ora, l'ho caricata sulla Sheridan di Burt Mclaren, e mandata ad Hall Point. A lui. Al mio coraggio abbandonato sotto i neon. Rivedo nella rabbia e nella confusione di Eleazar ogni lotta mai combattuta da Roger contro mio padre. Contro Safeport, contro il 'Verse. L'assenza di pietà, di appartenenza e anche di apparenza. La gelosia, l'incomprensione. Il bisogno di liberarsi del mondo, di concentrarsi sull'essenziale. Il bisogno di scavare oltre i nervi ed aggrapparsi all'ultima tavola di ragione per non impazzire completamente sotto i colpi dei fantasmi.

Avevo un equilibrio. Poi l'ho mandato a puttane.
L'ho mandato a puttane per avere te.

Gli ho tolto ciò che lo stava salvando. L'ho privato del guscio, ed ho preteso che lasciasse la carne viva sotto la luce bruciante di ciò che ci sta succedendo. L'ho costretto alle mie verità, ho messo in gioco la sua vita, la mia vita, esattamente come lui fa ogni sera, prima di sdraiarsi e tirare a bordo una dose di morfina, una striscia di blast, una botta di meth. Una ghigliottina per due, ogni nostra azione. Ogni secondo. Un passo verso il grande buio. Eppure lo voglio. Oltre ogni ragione, equilibrio, colpa, rimorso o senso. Voglio essere la sua sposa. Svegliare un sorriso sulle sue labbra all'alba. Sentirlo stringermi nella folla, regalarmi i confini di una casa ovunque. In uno spazioporto, nel prato delle lucciole, nella stanza dal silenzio soffocato, sopra le grandi carcassi di navi in attesa di medicazione, sotto il ponte delle coincidenze. Voglio averlo tatuato addosso nelle battaglie ed accanto in un 'Verse libero. Voglio un 'Verse libero e lo voglio con lui. La realtà bussa con insistenza alla corteccia cerebrale. Sfioro la corteccia ruvida della quercia, mi chiedo quante scintille mi hanno separata dall'esplosione, finora. Poi tutto si placa. Un nulla soffice torna a posarsi sulle piante, sull'aria, come la prima neve. Se tutti i sogni si schianteranno in un'ultimo pensiero deragliato, la fine con lui sarà comunque la cosa più bella.

fredag 8. juni 2012

Trust for beginners

L'ultimo mese ho passato più tempo con Polly e Pike di quanto non ne abbia passato con me stessa. Ho bisogno di conoscerli. Di sapere che la Almost Home vola su basi stabili. Sanno di st. Andrew, e fanno parte della missione del Grizzly. Pike ha detto quello che a nessuno di noi disadattati è uscito dalle labbra da quando ci conosciamo. Ma è qualcosa che sappiamo. Siamo famiglia. Infatti, non ho tardato a darmi al devasto con Polly, rischiando di farmi impallinare da McCorvin. Lui mi ha tenuto un braccio, El l'altro. Mi ha aspettata nella corsa alla ragione. Mentre coprivo di baci il baratro aperto negli occhi dell'uomo che amo. Polly è solido. Ci prendiamo per il culo senza freni, ci prendiamo a schiaffi mentali senza problemi. Non costringe, non consiglia. Bastano sguardi muti di comprensione. Mi piace, per quanto Culo di chiodi possa storcere il naso. L'Almost Home aveva bisogno di Polly. Avevamo bisogno di Polly. E di Pike. Pike è un riccio molto giusto, dall'aria sfottente. Pretende verità in cambio di verità. Offre sarcasmo in cambio di sarcasmo, ma anche forza in cambio di nulla. Mi ha detto che non fa bene, portarsi le cose dentro. Gli ho detto che potrebbe fare ancora peggio tirarle fuori. Pike porta dietro la fede al dito di un fantasma. Dice che gli ricordo sua sorella. Ci sfottiamo nel silenzio del rifugio, perchè altrimenti il silenzio ci rapisce e l'attesa ci mangia la testa. Perchè questa volta li lasceremo andare a fondo da soli, perchè questa volta si vince.

Mi serve un braccio destro. Sento lo stomaco chiudersi come un cancello circondato da filo spinato. Bevi troppo, e troppo spesso. Guardo i suoi occhi, e ci sono le fondamenta, dentro. C'è l'ancora. Mi sento come la nave volante che ha deciso di fare il passo decisivo. Prendermi tutta la sua fiducia, come una bestia affamata.  La divoro, annuendo come se stessi facendo un favore al 'Verse. Rimando il conto con la felicità, rimando il conto con la verità. Cerco modi di scalare il cuore di Roona, di avvolgerlo dentro una pellicola di diamante. E mentre mi arrampico, vedo i tagli profondi. Mi guarda, dice che Capitan Qualcuno è una storia persa. Non sono fatta per le parole. Resto muta, e vorrei semplicemente inglobarla, portarla con me nel luogo del silenzio. Pulizia.

Pike dice che Jack ci ha divisi. Lui, Culo di chiodi ed io sulla Almost home. Polly e 'Cap sull'Alaska. Sento i polmoni collassare come due mongolfiere a fine viaggio. Lui me lo vede dentro. E scava, scava con la sua discrezione calma. Con quella calma che non riuscirò mai ad annodarmi intorno al dito. Gli dico della Cecilia Carter. Lui non fa una piega. Se Jack si fida, io mi fido. Jack si fida. Jack si fida. Vedo le mani percosse da fili strani, fili sconosciuti. Come se le stessi legando ad una grande anima invisibile. Sento l'inverno posarsi in silenzio sulle valvole del cuore.

Ho la fronte bagnata di sudore, e le dita tremanti. La notte mi rannicchio nella cabina e mi spingo nel sonno a colpi di forza. Non posso nemmeno mentire dicendo che ho deciso di punto in bianco, che non so dove sia iniziata. Il rave. McCorvin e la mia testa su un possibile palo. Le parole di Roon. Le parole di El. La guerra, dentro. Il messaggio. I messaggi, il gelo. Controllo le vene, sembrano scorrere come devono. Credo sia Pike. Forse anche Polly. Non riesco a capire. Non riesco a concepire un 'Verse senza di lui, e non riesco a capire che non me lo veda in faccia. Non riesco ad immaginare altra pelle che la sua, altro odore che il suo, altri occhi che i suoi. Sono sua, fino alla fine.

Siamo affondati nell'erba del nostro letto, in mezzo ad un prato, fra mura invisibili. Abbiamo lasciato la realtà alla porta, fingendo di non sentire quando s'è messa a bussare più forte. Eppure basta un cedimento minimo, ed il pavimento ci crolla sotto i piedi. Sono stanca. Sono stanca mentre monto i nuovi banchi laser sulla Almost Home, mentre il cuore si impenna ancora nel progettare il piano che renderà il Grizzly orgoglioso di noi, mentre mi trascina dietro come un peso morto. Sono stanca delle guerre nel cervello, perchè una guerra basta per tutta me.

Sono tre giorni che non tocco un goccio. Ho bevuto litri di caffè, vomitato, lottato con i nervi dentro, pensato che le budella mi avrebbero lasciato per protesta. La realtà è una merda, ed evidentemente il mio corpo si rifiuta di accettarla. Credo il problema fondamentale sia la fiducia. E' una cosa alla quale ci si deve abituare con cautela. Un'overdose può essere fatale. Può spingere a fustigarsi, a rifugiarsi nel proprio bisogno di dimostrare. Dimostrare, dimostrare cosa? Cosa sto cercando di dimostrare? Non sono persa. Ho semplicemente ricevuto in dosi abnormi qualcosa che non mi sono ancora mostrata in grado di restituire. Trust.


søndag 3. juni 2012

Hey little sister


 Hey little sister what have you done?
Hey little sister who's the only one?
Hey little sister who's your superman?
Hey little sister who's the one you want?
Hey little sister shot gun!

Le mie mani si scorrono fra i fili dorati delle sue ciocche bionde, poi si fermano, restano prigioniere come delle falene in una ragnatela gigantesca. M'ha preso il cervello e l'ha disposto in cima alla collina. Poi ci ha dato un bel calcio, e via. Giù. E non è una caduta libera. Oh no. Senti l'impatto con ogni dannata cosa che superi. Sassi, erba, roccia tagliente, rami, spine. Quando arrivi in fondo non sei più riconoscibile. L'allenza l'ha interrogata. L'alleanza sa su cosa stava indagando per Baylong. Wolfe sa. Io chiudo gli occhi, e vedo gli occhi di Jack. Lo stesso cedimento, il terrore. Vedo le mani tremare cacciate in tasca. Vedo il buio, sento il ghiaccio. Vedo il letto d'ospedale, vedo Quinn che dorme e sembra non essere intenzionata a svegliarsi mai più.

It's a nice day to start again.
It's a nice day for a white wedding.
It's a nice day to start again.

Take me back home

Non parlerà mai. Non ho nemmeno bisogno di chiederlo. E lei non ha bisogno di prendersi un'altro proiettile nei polmoni per dimostrarlo. E' l'unica di loro a sapere. Ma nel momento in cui lei schiude la bocca e lascia cadere parole pesanti quanto il piombo che si è presa fra le spalle,  io vedo la morte danzarle dietro come l'ombra in un teatrino assurdo. Voglio dirle che non possiamo vederci mai più. Che non possiamo sentirci mai più. Che da domani saremo due sconosciute.

Hey little sister what have you done?
Hey little sister who's the only one?
I've been away for so long (so long)
I've been away for so long (so long)
I let you go for so long

Forse è la paura, forse è la consapevolezza del fatto che ogni volta è l'ultima volta. Che la felicità ha un prezzo, e questi attimi sono costosi. Scacciamo i pensieri come mosche fastidiose, ci liberiamo della realtà come ci si libera di un corsetto troppo stretto, che ti stringe i polmoni e ti soffoca fino a perdere il contatto con i nervi, con te stessa. Non so perchè ridiamo, ma ad un certo punto ridiamo così forte che nonno Thomson spalanca la porta e affigge su di noi il suo sguardo da gioconda in vacanza. Io mi fermo come una marmotta in fuga, come un coniglio acceccato dagli abbaglianti di un Polly in mezzo alla strada. Richiude la porta, e le cascate di biglie colorate tornano a sgorgare dalle profondità. Sento le distanze scivolare via lentamente, apro la mano contro di lei. Ci appoggia il palmo della sua mano. Ne osservo la metà della faccia che non è affondata nel cuscino.

There is nothin' fair in this world
There is nothin' safe in this world
And there's nothin' sure in this world
And there's nothin' pure in this world
Look for something left in this world
Start again

Tutte le partenze sono come uno strappo. Tutti i ritorni si incollano sopra ai resti di qualcosa. Le racconto della Shepard sul cesso, appesa alla parete nella mia stanza. Le racconto dei nodi di legno nelle travi. Fisso gli occhi su Quinn bambina appesa alla parete, e mi rendo conto di non avere ricordi, mi rendo conto che la conosco da una vita. Ti ricordi di quella volta in cui costruimmo la casa sull'albero, sopra il ruscello, e finimmo a comandare una zattera? Chiudo gli occhi, così, con le dita accartocciate intorno alle sue, la testa nell'incavo del suo collo. Nessuno ti amerà mai come. Parliamo del matrimonio. La cosa fondamentale sono le lucciole. Il resto non conta. La tenda non si tocca. La tenda è nostra. La smetto di parlare. Anche questa è la nostra tenda, la tenda fatta di sguardi. Ce la trasciniamo dentro al cervello per mesi, poi ci fermiamo, ci guardiamo, e la montiamo senza una parola. I paletti sono i battiti del cuore, che fermano la tela nella terra morbida. Non vedo l'ora di aprire gli occhi sulla faccia scombussolata di Holden Carter, domani mattina, quando ci porterà la colazione. Quando le, porterà la colazione.

Come on
It's a nice day for a white wedding
It's a nice day to start again.
It's a nice day to start again.
It's a nice day to start again

torsdag 31. mai 2012

The end of the war

L’estate è ovunque, ha iniziato ad infilarsi addirittura nel sistema di ventilazione del covo. Con le mani affondate nella matassa di circuiti del detonatore, respiro il profumo del terriccio umido, l’odore sacro della terra. Con la testa sotto le radici del mondo, sono parte di qualcosa di più grande. Pulizia, avrebbe detto mio padre. Pulizia, ripete Quinn nella mente.

Se Zachary Sterling fosse stato capitano dell Almost Home, non avrebbe risparmiato Eleazar. Sono cresciuta dentro una nave dal credo crudo, dall’abitudine violenta, e dalla corte marziale impietosa. Se Zachary Sterling avesse sorpreso la sua creatura nell’atto di tradirlo per nutrire il proprio cuore di debolezza, avrebbe conficcato una pallottola nella testa di Ritter davanti ai suoi occhi.

D’altronde, a Zachary Sterling sarei, forse, riuscita a mentire. Sette anni fa sarei, forse, riuscita ad omettere. A proteggere El, a non dire nulla. A cucire la bocca, a tenere le mura alte.

Le persone mi hanno smantellata come una carcassa di firefly. Jack Rooster e la Almost Home mi hanno smontata. Ci nascondiamo, pianifichiamo pugnalate nella schiena all’Alleanza, al Core. Vero. Proprio questo rende ancora più importante avere confini puliti, catene limpide, strette cristalline ad unirci. Mentirle non sarebbe stata un’opzione. La morte, piuttosto. Non di El, la mia. Ero pronta.

L’ho sentito svegliarsi, l’inverno. In piena estate, è calato il gelo più silenzioso fra Jack e me. E’ il prezzo per troppi chili di verità, per troppe parole. Non tornerei indietro sui miei passi nemmeno con un mauler puntato alla nuca. Non un secondo. Il fatto è che l’inverno ti butta in fondo al pozzo. Ti schianta, ti priva di ogni luce, ogni calore, ogni colore, ogni forza. Dura mesi, su alcuni pianeti anni. Ma c’è una primavera. C’è una fine della guerra. Una vittoria.

Due mattine fa sono uscita dal covo all'alba, mentre il cielo di Greenfield si colorava di viola. L'ho intravista, la fine. Il Rim di mille colori diversi, la faccia della Shepard nel fango, il blu bruciato, gli occhi della gente. Salderò il mio debito con Jack Rooster il giorno in cui inizieremo a ricostruire. Quello che ha fatto è qualcosa di più grande che non assicurarsi un alleato od una bocca chiusa. Mi ha indicato un cratere. Io inizio a creare le fondamenta del nostro nuovo mondo oggi. Prima della distruzione. E’ l’unico modo per sopravvivere. Alla fine della guerra, avrò dimostrato a Jack Rooster che si potrà sempre fidare di me. Alla fine della guerra, avrò trovato il modo di convertirla al futuro. Il suo debito non si salda a parole. Ma le parole sono un inizio, e le parole nella mia testa sono chiarissime.

“Jack Rooster, devi essere tu a sposarci (perche' non credo nel vostro dio, ma credo in te.)”

(No, non ho ancora trovato la voce per dirlo).

Sposarci.
Sposarmi.

"Sposami."

Chiudo gli occhi. Mi immagino la faccia di Roger, la faccia di Zachary mentre mi affaccio sulla plancia dell’Oldma nell’impero dei fantasmi e grido a pieni polmoni “MI SPOSO!”.

Mmm.

No, sarebbe piu' un sussurro. "Mi sposo."

Immagino il ghigno malefico, il sorriso strafottente. La luce negli occhi. Sento quella pacca brutale sulla spalla che in un altro mondo sarebbe stata un abbraccio affettuoso. Vedo i loro volti, ed il riflesso della mia mente che cede. Mentre tutto si mischia, mentre sono un grumo di cuore. Mentre divento esattamente come loro.

Non è stato facile far crollare tutto ai piedi di Eleazar Ritter. Non è stato facile ammettere il bisogno, non è stata facile l’umiliazione, l’orgoglio ingoiato e dimenticato, non è stato facile sopportare la mancanza, non è stato facile resistere al terrore. Misurarsi con i suoi burroni, con le sue guerre, con la sua mente, che schiaccia la realtà sotto il vetro impietoso della logica. La logica che ti salva. D’altronde, non sono qui per le battaglie facili. Eleazar è la più grande delle mie guerre. La guerra contro di lui, contro di me. E’ la guerra che non posso combattere accanto a Jack ed Eivor, il meccanismo che non posso smontare con Quinn, la situazione che non posso gestire trattenuta da Roona oltre al burrone. Ho preso la sua mano ed ho promesso che avrei combattuto per noi. Una guerra da fare da sola, da vincere dentro di lui. Una guerra che stavo combattendo da sola, finchè non ho aperto gli occhi sui suoi.


Siamo nella Almost Home, nella mia cabina, nel mio letto. Siamo nel cuore del cuore, tutti i miraggi di una casa si sono sovrapposti fino a diventare concreti. Sento il freddo di Jack ed il fuoco di Eivor oltre le pareti. El davanti a me, davanti agli occhi socchiusi che si splancano piano. Fra di noi, il solido, il denso, l’arreso. Il profumo della sua pelle mi ottura il cervello, me lo isola. E’ compatto, amaro, salato, dolce. E’ il mio mondo. Penso alle sue guerre, al suo buio, ai suoi vuoti, alla sua ribellione, al freddo che ha attraversato. A Will, ai morti, a Serenity Valley, al suo revolver caricato a piombo e pietà. Coraggio e proiettili. Rachel. Corona. La targhetta, l’appartamento. La targhetta. Eleazar Ritter, Corona. Stringo la targhetta, l’odore di metallo si mescola al suo. Mi ha lasciato la sua vita fra le mani, il suo fantasma ipotetico, la fine della sua via, la sua pelle, la sua battaglia. Sento una fitta rovente attraversare il torace, sotto il suo nome scavato nell’acciaio. Un fulmine si abbatte nella mia testa, tutto diventa silenzioso, chiaro, limpido come l’oceano. Eleazar Ritter non è l’uomo fiaccato dalla disgrazia, l’uomo sceso a patti con il nulla, l’uomo che ha congedato i sogni ed il mondo vivo per un mondo fatto di morfina e plastica.

Eleazar Ritter è la persona più forte che io abbia mai consociuto.

Sposo l’unica persona in questo Verse che avrei mai potuto amare.


Culo di chiodi ha ragione. Non mi è poi andata così male.