torsdag 24. mai 2012

Retrace your steps, balance in check

Ci sono cose a cui solo il panico ti prepara. Il panico non è diverso dagli altri milioni di meccanismi invisibili. Impari a conoscerlo attraverso attacchi sanguinanti al cervello, e più ne hai assorbito, più sai come prenderlo per il collo. Se non hai sperimentato un disastro, un incidente di qualsiasi proporzione, non puoi sapere che la parte peggiore del panico è il momento in cui ti acceca. Il momento in cui rischi di compiere gli errori. La frazione di secondo di cortocircuito in cui smetti di vedere davvero, in cui il problema è di fronte a te, ma le mani si muovono per conto loro, senza senso. Rischiando di rendere il disastro una tragedia. La cosa più importante che puoi imparare come macchinista preparandoti ad un disastro spaziale, è frenarti. Aspettare quella frazione di secondo, aspettare che il collegamento sia ristabilito. Aprire gli occhi e vedere per davvero cosa sta succedendo. Un buon macchinista lo sa, e sa sempre dove far cadere gli occhi per prima. Un buon macchinista sa cosa avere nella mente, cosa è importante. 

Maracay è piena della polvere pulita che viene spazzata in cerchio dalla corruzione. Persino mentre il sole pigro aspetta di alzarsi ed i riflessi di luce ancora non hanno iniziato a leccare la stanza, sembra di intravedere filari di sporcizia gassosa diluita nell'aria. Si respira la tragedia senza saperlo. Non ce l'ho più fatta. La mancanza sotto la pelle si è fatta bruciante, i nervi si sono radunati in protesta sotto la spina dorsale. Ci sono stati degli scontri. Nessuna forza dell'ordine, dentro. Sono partita. E' stata la notte più incredibile della mia vita. In una bolla straniera, aspettando il suo ritorno. I suoi occhi, il suo sorriso. Puttanedaguerra, il suo sorriso estratto a ripetizione come la più meschina delle armi. Ho perso il contatto, ho alzato le mani. E' stata la notte più bestiale della mia vita. Mentre le menti si rincorrono per i labirinti delle pulsioni e della logica, mentre i corpi galleggiano nella fame brutale, mentre si scontrano, nella consapevolezza di essere votati alla prosecuzione a rotta forzata, senza uscite d'emergenza, i raggi del sole ci bruciano la pelle, ci scoprono alle vetrate sulla città. Mi cuce addosso i suoi segreti. Mi cuce addosso l'amore, l'opera di sutura più complessa del 'Verse, considerano che è stato lui la causa della deflagrazione nel petto. Nella testa. Crolliamo esausti ad ammirare le ombre che scivolano sul tetto. Ci chiediamo se è felicità. Non ho proposte migliori.

As you're climbing the walls there's no answer at all
Except the gift you give yourself
I trust that you'll find some in a peace through times that are rough
What would it take to hear you say the gift you give is love
 
Non so se sia un tacito accordo di disaccordo, o semplicemente il bisogno di un cervello di funzionare come unione di pezzi, un bisogno talmente forte da ignorare e sgominare tutto il resto. Mi ha passato una carota, abbiamo firmato il trattato. L'ho guardata, e ho trovato il sentiero per casa. Le luci nella casa Thomson si sono spente e noi siamo rimaste a fissare i ricami di stelle nel cielo nero. Nessun cielo come la primavera di Greefield. Le costellazioni migrano, formano ritratti incompleti, immagini a metà. Appena quel che basta alla sopravvivenza della fantasia. Ha teso la mano e gliel'ho presa. Immagino non se lo aspettasse, e stranamente il panico non ha colpito. Aspettavo uno strattone od un ringhio, si è sfilata riconoscendo che ora abbiamo problemi più grandi. A volte penso che avrei voluto conoscere Phil. Sapere esattamente cosa avrebbe pensato, ora. E sono certa che avrebbe detto le stesse cose che sto dicendo io. Se davvero l'ha amata come l'ha amata. Altre volte sono grata di viverlo attraverso i ricordi di Quinn. E' raro venire presentati a persone così belle. Anche quando si tratta di fantasmi.

Una sorta di intelaiatura stellare di tragedia sembra perseguitare ogni nostro incontro, ricongiungimento, riconnessione. Non credo in dio, non credo nel destino, raramente mi lascio appassionare dalle coincidenze. Quando Baylong decide di prendere una pausa dalla sua campagna di terrore, i mostri della notte la sostituiscono degnamente. Il nostro momento perfetto è durato poco. L'odore di paglia nell'aria, le nostre battute a scapito di Roon. Le nostre sopracciglia aggrottate come scudi di protezione, le menti sollevate. I nostri segreti viscidi rotolati con le balle di fieno. I nostri sorrisi alla dueinuno, e la nostra luce dentro nel sentire di Patchouli. Vedere gli occhi di Roona Mei Wilson accendersi in quel modo è uno spettacolo che tutto il 'Verse dovrebbe avere la fortuna di vedere. Da proiettarsi sul grande schermo allo stadio dei Patriots, la prossima volta. Da mozzare ogni appiglio al terrore, alla rabbia. Non che gliela farò passare liscia, a Patchou. Mi sembra di non vederlo da mille anni luce. Lui sa di Abel. Lo sa perchè dopo un incidente spaziale e mezza bottiglia di whisky non sono riuscita a tenere la bocca cucita. Sa dove è passato il tornado a strappare le radici delle cose belle. Ma lui è diverso. Lui può aggiustare tutto. Lui ha spazio dentro sia per Roon, che per il suo sorriso.

Sono sdraiata sul divano, e Quinn mi tampona i graffi del Chupacabra. Ay, Sam l'ha chiamato così. Mi fissa, mi dice di chiamare Ritter. Qualcosa di sconnessamente disperato mi si muove dentro. Dico che lui non c'è, quindi niente. Mi chiede come ho fatto a sollevare una pietra con lo sguardo e scagliarla nell'occhio della bestia. Non ho segreti, per lei. E' solo che il ricordo di Buck brucia come se non fosse mai stato quietato. Si alza, annunciando che se ne torna a casa. E poi a Gào Shì, fra qualche giorno. Non faccio in tempo a dirle che mi mancherà da morire. Che mi è mancata da morire. Jack entra, e mi pianta gli occhi scuri nell'anima. "Ho sparato a McCorvin". Il cuore salta un colpo. Non per McCorvin, intendiamoci. Per lo scenario che si presenta subito dopo, come un lampo. E che poi si solidifica lentamente, a seguire. Scorgo il buio nei suoi occhi. Non è sicura se sia morto o meno. Scorgo la debolezza. Eppure Jack non fugge. Jack nasconde le prove, costruisce un alibi ed aspetta che Wolfe venga a prenderla. Brucia gli stivali, parla con Edwards, il mio tubetto giallo. Se mi prendono, sei responsabile per gli altri. Mi si chiude lo stomaco, ma nemmeno questa volta il panico riesce a spezzare il contatto fra occhi e cervello. Non fa in tempo. Mi posa una mano sulla spalla, mi stringe. Andrà tutto bene. Per un attimo mi fermo, nella testa. Fermo tutta la scena, esco dal retro del cervello, ci aggiro e resto ad ammirarci. Me la vede in faccia, la paura. Me lo vede in faccia, che posso far saltare il club su St Andrew, la statua a Cap City, che posso riparare tutta la Almost Home da sola, ma che la responsabilità proprio non è il mio tipo di carico. Ignora la mia faccia storta, e mi stringe la spalla, passandomi quel potere strano, marmo fluido che sembra tenerla in piedi sempre. Andrà tutto bene. Annuisco. Non ho scelta. I suoi occhi non mi lasciano scelta. I suoi occhi sono il deserto da attraversare. Non hai scelta. Non ti puoi accasciare a terra ed aspettare la fine. Quelle non siamo noi. Andrà tutto bene. Prendo i suoi stivali e raggiungo l'alba alla quercia nera. Mentre le fiamme li consumano fino alla suola, mi guardo le mani. Mi chiedo quando avrò il coraggio di sdraiarmi su quell'amaca.

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