L'ultimo mese ho passato più tempo con Polly e Pike di quanto non ne abbia passato con me stessa. Ho bisogno di conoscerli. Di sapere che la Almost Home vola su basi stabili. Sanno di st. Andrew, e fanno parte della missione del Grizzly. Pike ha detto quello che a nessuno di noi disadattati è uscito dalle labbra da quando ci conosciamo. Ma è qualcosa che sappiamo. Siamo famiglia. Infatti, non ho tardato a darmi al devasto con Polly, rischiando di farmi impallinare da McCorvin. Lui mi ha tenuto un braccio, El l'altro. Mi ha aspettata nella corsa alla ragione. Mentre coprivo di baci il baratro aperto negli occhi dell'uomo che amo. Polly è solido. Ci prendiamo per il culo senza freni, ci prendiamo a schiaffi mentali senza problemi. Non costringe, non consiglia. Bastano sguardi muti di comprensione. Mi piace, per quanto Culo di chiodi possa storcere il naso. L'Almost Home aveva bisogno di Polly. Avevamo bisogno di Polly. E di Pike. Pike è un riccio molto giusto, dall'aria sfottente. Pretende verità in cambio di verità. Offre sarcasmo in cambio di sarcasmo, ma anche forza in cambio di nulla. Mi ha detto che non fa bene, portarsi le cose dentro. Gli ho detto che potrebbe fare ancora peggio tirarle fuori. Pike porta dietro la fede al dito di un fantasma. Dice che gli ricordo sua sorella. Ci sfottiamo nel silenzio del rifugio, perchè altrimenti il silenzio ci rapisce e l'attesa ci mangia la testa. Perchè questa volta li lasceremo andare a fondo da soli, perchè questa volta si vince.
Mi serve un braccio destro. Sento lo stomaco chiudersi come un cancello circondato da filo spinato. Bevi troppo, e troppo spesso. Guardo i suoi occhi, e ci sono le fondamenta, dentro. C'è l'ancora. Mi sento come la nave volante che ha deciso di fare il passo decisivo. Prendermi tutta la sua fiducia, come una bestia affamata. La divoro, annuendo come se stessi facendo un favore al 'Verse. Rimando il conto con la felicità, rimando il conto con la verità. Cerco modi di scalare il cuore di Roona, di avvolgerlo dentro una pellicola di diamante. E mentre mi arrampico, vedo i tagli profondi. Mi guarda, dice che Capitan Qualcuno è una storia persa. Non sono fatta per le parole. Resto muta, e vorrei semplicemente inglobarla, portarla con me nel luogo del silenzio. Pulizia.
Pike dice che Jack ci ha divisi. Lui, Culo di chiodi ed io sulla Almost home. Polly e 'Cap sull'Alaska. Sento i polmoni collassare come due mongolfiere a fine viaggio. Lui me lo vede dentro. E scava, scava con la sua discrezione calma. Con quella calma che non riuscirò mai ad annodarmi intorno al dito. Gli dico della Cecilia Carter. Lui non fa una piega. Se Jack si fida, io mi fido. Jack si fida. Jack si fida. Vedo le mani percosse da fili strani, fili sconosciuti. Come se le stessi legando ad una grande anima invisibile. Sento l'inverno posarsi in silenzio sulle valvole del cuore.
Ho la fronte bagnata di sudore, e le dita tremanti. La notte mi rannicchio nella cabina e mi spingo nel sonno a colpi di forza. Non posso nemmeno mentire dicendo che ho deciso di punto in bianco, che non so dove sia iniziata. Il rave. McCorvin e la mia testa su un possibile palo. Le parole di Roon. Le parole di El. La guerra, dentro. Il messaggio. I messaggi, il gelo. Controllo le vene, sembrano scorrere come devono. Credo sia Pike. Forse anche Polly. Non riesco a capire. Non riesco a concepire un 'Verse senza di lui, e non riesco a capire che non me lo veda in faccia. Non riesco ad immaginare altra pelle che la sua, altro odore che il suo, altri occhi che i suoi. Sono sua, fino alla fine.
Siamo affondati nell'erba del nostro letto, in mezzo ad un prato, fra mura invisibili. Abbiamo lasciato la realtà alla porta, fingendo di non sentire quando s'è messa a bussare più forte. Eppure basta un cedimento minimo, ed il pavimento ci crolla sotto i piedi. Sono stanca. Sono stanca mentre monto i nuovi banchi laser sulla Almost Home, mentre il cuore si impenna ancora nel progettare il piano che renderà il Grizzly orgoglioso di noi, mentre mi trascina dietro come un peso morto. Sono stanca delle guerre nel cervello, perchè una guerra basta per tutta me.
Sono tre giorni che non tocco un goccio. Ho bevuto litri di caffè,
vomitato, lottato con i nervi dentro, pensato che le budella mi
avrebbero lasciato per protesta. La realtà è una merda, ed evidentemente
il mio corpo si rifiuta di accettarla. Credo il problema fondamentale sia la fiducia. E' una cosa alla quale ci si deve abituare con cautela. Un'overdose può essere fatale. Può spingere a fustigarsi, a rifugiarsi nel proprio bisogno di dimostrare. Dimostrare, dimostrare cosa? Cosa sto cercando di dimostrare? Non sono persa. Ho semplicemente ricevuto in dosi abnormi qualcosa che non mi sono ancora mostrata in grado di restituire. Trust.
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